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Scrivere la pelle. Il corpo come personaggio letterario

La distinzione cartesiana fra mente e corpo deve aver contribuito a far sì che quest’ultimo, con le sue funzioni, fosse bandito per lungo tempo dalla letteratura, come argomento sconveniente o non degno. Eppure, a piccoli passi, il “personaggio-corpo” si è fatto strada, fino a conquistare un suo spazio, al pari della malattia, l’altra grande assente dalle pagine dei romanzi, come Virginia Woolf notava nel suo saggio del 1930.

Il corpo è il nostro punto di contatto con gli altri e con il mondo esterno, uno strumento che ci permette di sperimentare sensazioni molteplici: dolore e piacere in primis. Ecco allora che il racconto del sesso, o della malattia, diventano imprescindibili. Esistono corpi estremi, che giudichiamo dall’esterno senza saperne nulla, in realtà, o solo molto poco.
È uscito da qualche mese per Guanda un libro che scandaglia temi come il binge eating e l’obesità, ancora poco affrontati nel panorama italiano. A farlo è Costanza Rizzacasa d’Orsogna, che in Non superare le dosi consigliate ripercorre le vicende di Matilde, prima bambina in perenne lotta col peso, poi studentessa brillante e giornalista arrivata (forse) ad accettare se stessa e i chili in più. Non mancano resoconti dettagliati di cosa voglia dire arrivare a pesare 130 chili, o avere una dipendenza dai lassativi, o ancora un rapporto col cibo alterato sin dalle sue battute iniziali. Sarà difficile dimenticare la voce di Matilde bambina, che cena a mezzanotte e impara dalla madre a barare con la bilancia. Raccontare il corpo è una sfida non meno ambiziosa del raccontare la nostra psiche, con i suoi misteri e processi di pensiero. Anche il corpo ha le sue funzioni e anomalie, può risultare un involucro difficile da sopportare, o con cui è dura convivere.

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Eppure nel mondo dello sport e dell’agonismo quest’ultimo rappresenta una possibilità, uno strumento di riscatto e successo, spinto oltre i propri limiti per conquistare traguardi. Pensiamo a quelli di Seymour Levov, il ragazzo soprannominato “lo svedese” per la sua prestanza fisica che lo fa eccellere in tre sport, e alla cui parabola assistiamo nella Pastorale americana di Philip Roth. O a quelli di Andre Agassi, che in Open, un onesto memoir pubblicato qualche anno fa, metteva in mostra la sua vita di campione del tennis. Fra i Corpi speciali (La nave di Teseo) di Francesca d’Aloja – un collage di incontri dell’autrice con personaggi più o meno noti, dalle alterne vicende – c’è anche Nadia Comaneci, che a sei anni lascia la Romania comunista per diventare una stella della ginnastica mondiale. È sempre interessante immergersi nel racconto del corpo degli altri, e di come questo possa rappresentare un ostacolo o un destino. In Body Art, Don De Lillo affida a una performer appena diventata vedova la lotta silente col proprio corpo, attraverso il quale superare il lutto.

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Franz Von Stuck, Sisyphu

Sul rapporto fra corpo e scrittura, fra corpo e testo, Montaigne guardava all’insieme dei suoi saggi come «un gran Corpo la cui orditura è affidata a vari chiodi» alludendo con questi ultimi all’insieme di citazioni e voci di altri autori che puntellano l’opera. Nel Mito di Sisifo, il saggio sull’assurdo pubblicato da Albert Camus nel 1942, lo scrittore francese giunge al punto di attribuire al corpo una propria psicologia, il cui giudizio vale quanto quello dello spirito, o ancora «lo spirito trova la sua ragione nel corpo».
In traduzione, si fa riferimento al corpo del testo, inteso come la parte più autentica ma anche come interezza in senso gestaltico, cui avvicinarsi per gradi, da sfogliare all’infinito per ritrovarne la voce. Secondo Paul Celan e Guido Ceronetti, la traduzione non consiste soltanto nel passaggio interlingue di un testo, ma implica una serie di altri passaggi che partono dal Corpo di uno scritto altrui da «tradurre in spartiti», varcandone la soglia, sfogliandolo senza fine, auscultandone e riproducendone il respiro, i sussulti, il gioco pulsionale. È un passaggio da corpo a corpo.

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Josephine Yole Signorelli firma come Fumettibrutti tavole audaci: dopo Romanzo esplicito, è stata la volta di P. La mia adolescenza trans (Feltrinelli), una graphic novel in cui tanto le immagini quanto le parole celebrano un corpo, il proprio, per il quale ha duramente lottato. 
Anche L’evento di cui scrive Annie Erneaux, tradotto in Italia da L’Orma editore, è il passaggio da uno stato all’altro, il processo volto a interrompere una gravidanza non desiderata quando abortire in Francia era ancora un reato. Nel testo, l’autrice si chiede se il racconto dettagliato dell’aborto clandestino cui si sottopone possa infastidire chi legge. Ma alcuni argomenti che riguardano la nostra salute, come pure le nostre libertà individuali e i nostri diritti, passano inevitabilmente attraverso quello che del nostro corpo decidiamo di fare. Come raccontare, ad esempio, la scoperta della propria sieropositività, senza indugiare a lungo sui sintomi e sui segni che precedono la diagnosi? In Febbre, un lavoro di autofiction edito da Fandango che sta facendo parlare molto di sé (vincitore del premio Farhenheit, del premio Bagutta e attualmente candidato al premio Strega) Jonathan Bazzi non risparmia il lettore. E il lettore ringrazia. 



Illustrazione di copertina: Giulia Pex

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