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La storia dentro la busta. Il progetto Apri e la narrazione in una lettera



È arrivato il postino. Scendo a controllare se è arrivata la busta che attendevo e finalmente eccola. Posso decidere se aprirla e leggere il contenuto seduta sugli scalini o evadere pratiche e impegni e trovare un posto comodo e appartato per leggere con calma. Scelgo la seconda soluzione. La missiva nella busta non è indirizzata a me, proviene da un altro luogo e da un’altra epoca e pare essere giunta tra le mie mani per qualche scherzo del destino. Apro il plico, leggo la lettera e in un istante sono catapultata nella vita di altre persone, questa volta in quella di Giuditta e sua sorella Maria. Nella lettera Giuditta racconta, scambia confidenze, ragguaglia la sorella sulle notizie della famiglia, del paese, le dà accorati consigli, trapelano segreti; nella busta inserisce foto, fiori secchi, biglietti. E il quadro, lo scenario, quello squarcio di esistenze altrui si rivelano come forme che emergono dalla nebbia e si compongono come un mosaico.
Si tratta del progetto “Apri”, originale e curiosa iniziativa editoriale nata nel 2020 a Bologna, in pieno lockdown, da una propositiva redazione. Abbonandosi si riceve ogni mese una lettera scritta da un autore/autrice ogni volta diverso, tra i quali Giulia Caminito, Barbara Baraldi, Laura Fidaleo, Paolo Cattaneo, Matteo Trevisani. La presentazione dell’autore è sempre su supporti differenti: cartoline, cartoncini di diversa forma, carta argentata. Le missive, di invenzione e ambientate in diverse epoche, sono totalmente realistiche: affrancate, corredate da materiale di vario genere e di solito scritte a mano, il tutto per renderle più vere del vero. In questa sospensione dell’incredulità ci ritroviamo a leggere lettere altrui, con il loro carico emotivo, esistenziale, ironico o drammatico, e a ricostruire storie personali attraverso frammenti, allusioni, dettagli. Il fascino dei racconti di “Apri” sta in quell’atmosfera calda di narrazioni confidenziali, di vicinanza ed empatia che le lettere, con grafia e voce peculiare, sanno ricreare. 

lettere

Troviamo con “Apri” un modo inedito di narrare storie. Una forma che non è il resoconto di un fatto con i suoi risvolti emotivi e psicologici, ma l’affiorare di persone e accadimenti da una traccia che inoltre include un coinvolgimento fisico e sensuale, evocando una presenza in loco tramite la carta, la grafia, immagini, biglietti, foto, mappe, materiale tangibile, qualcosa che aggiunge materia alla semplice parola. Ho trovato questo progetto assai interessante, coinvolgente, bizzarro e ricco, con il suo incontro tra letteratura, grafica e plasticità. Sono andata quindi a interpellare direttamente l’ideatore, Lorenzo Ghetti, per chiedergli come è nato e su quali basi si fonda “Apri”. È interessante notare che Ghetti proviene dal mondo del fumetto, che, unito alla sua passione per film, letteratura e giochi di ruolo, credo gli abbia concesso una forma mentis disponibile a combinazioni, composizioni, fusioni, mescolanze che ha reso possibile l’elaborazione del progetto.

Innanzitutto mi parli di te? Credo che per comprendere la genesi del progetto sia necessario conoscere quali sono gli interessi che hanno influenzato o ispirato questa inusuale iniziativa editoriale, perché mi sembra non sia solo passione per la letteratura. Mi pare poi che “Apri” sia nato in un periodo particolare, il 2020, e forse anche questo ha avuto la sua importanza.
Vivo a Bologna da più di dieci anni, ma sono di Pisa. Mi sono trasferito qui per frequentare il corso di fumetto e illustrazione all’Accademia di Belle Arti, dove al momento insegno. Il fumetto è il luogo dove passo la maggior parte del mio tempo, tra quelli che faccio, i corsi e i laboratori per bambini e ragazzi, ma mi piace entrare nelle storie di qualunque forma: oltre ai classici libri, film e serie, gioco ai videogiochi, ai giochi di ruolo e ai giochi da tavolo. Più che dal fumetto penso che “Apri” sia stato influenzato dalla voglia di sperimentare con le scatole narrative, non dare per scontata la forma che una storia può prendere.
Abbiamo iniziato a pensare ad “Apri” a marzo o aprile dell’anno scorso (quei mesi là, insomma). Sono sempre stato un frequentatore di progetti indipendenti, e lo stallo generale mi aveva fatto venire voglia di crearne uno nuovo. Di internet mi ero un po’ stancato, lavoro spesso su progetti digitali, ma il periodo di lockdown mi aveva fatto venire a noia internet, e così ho iniziato a pensare a qualcosa che arriva per posta. Per posta arrivano le lettere… e se le lettere fossero finte, ma sembrano vere? E se fossero scritte ogni volta da persone diverse? E via così.

Nel progetto vi è una brillante commistione tra parola e materia: quanto è importante il testo e quanto la grafica e il materiale incluso? Premetto che mi occupo di scrittura manuale, non so se concordi ma sta nascendo un nuovo interesse verso questa che fino a pochi anni fa non c’era, una sorta di riscoperta, una presa di coscienza del fatto che si sta un po’ colpevolmente perdendo l’uso della grafia; l’utilizzo della scrittura manuale, con la sua personalità, umanità, coinvolgimento emotivo, è parte integrante dell’elaborato o solo un mezzo, visto che di lettere si parla?
Il testo, inteso come la storia che l’autore o l’autrice vuole raccontare, viene sempre prima. Sia temporalmente (è il primo pezzo che ci arriva) che per importanza. Le lettere di “Apri” vogliono raccontare una storia, e tutti i pezzi devono aiutare a rendere quella storia più potente, più reale nella sua finzione. Cerchiamo sempre di pensare a componenti che non siano decorativi, di contorno, ma parte stessa della trama.
Sicuramente la scrittura a mano è fondamentale nel cercare di rendere qualcosa di più intimo e personale, nelle lettere che produciamo. È per noi uno dei tanti strumenti che sfruttiamo per rendere più vivida la storia e il narratore, il personaggio. Decidere con quale calligrafia scrive darà a lettori e lettrici tantissime informazioni. Credo che l’importanza della scrittura a mano sia simile a quella dei libri, di tutto quello che può essere materiale nella scrittura e nei testi. Abbiamo trovato modi estremamente efficaci e utili per scrivere e condividere testi (mail, ebook, articoli), ma essere efficaci vuol dire rinunciare a dei paratesti (il tipo di carta, le copertine, i font, la scrittura manuale) che forse, in alcune circostanze, sono più importanti dell’efficienza.

Sarebbe interessante sapere se gli autori scrivono mai le lettere di proprio pugno e se intervengono nella composizione del prodotto finito. Gli scritti sono spesso corredati da vario materiale, anche molto complesso, curatissimo, pertinente ed evocativo. Come viene quindi realizzata una lettera di Apri?
Solo in rarissimi casi chiediamo ad autrici o autori se vogliono scrivere personalmente la loro lettera. Principalmente perché chi scrive la lettera è un personaggio, che sicuramente avrà una calligrafia diversa dall’autore o dall’autrice. Sono loro a scegliere la calligrafia della lettera, da un campionario che abbiamo a disposizione, quindi cerchiamo di venire subito incontro allo stile che si sono immaginate/i. In fase di revisione cerchiamo di stare sempre sul filo che sta tra la leggibilità e la naturalezza della scrittura.Su tutti i materiali aggiuntivi lavoriamo insieme a loro. A volte hanno le idee molto chiare su cosa vorrebbero all’interno, a volte siamo noi a fare delle proposte. Ci lavoriamo insieme cercando di pensare sempre a contenuti che diano risalto al testo e dicano qualcosa di più. Quindi diciamo che le fasi sono: ricezione del testo, progettazione redazionale insieme all’autore dei materiali, creazione grafica del tutto, revisione generale con l’autore, stampa.

La scrittura, gli errori, le macchie, le foto, la grafica curatissima fanno sembrare le lettere perfettamente reali. Sembra di imbattersi in missive originali e l’effetto è conturbante. Quale importanza ha questo coinvolgimento psicologico “indotto” in Apri? Perché credo che lo stesso scritto sulla pagina di un libro, senza il materiale correlato, le umane imperfezioni e l’accorta stimolazione dei sensi non avrebbe lo stesso impatto. 
Per noi è fondamentale il cortocircuito che si crea nell’aprire una nostra lettera, è un po’ anche per questo che si chiama “Apri”. Chi legge sa che è tutto finto, ma lo sforzo per credere che sia vero deve essere minimo. Se si genera autonomamente la sospensione dell’incredulità, noi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Per noi una lettera di Apri è fatta di tutto quello che la compone, compresa la busta e il francobollo. Il solo testo, pubblicato a parte, sarebbe solo un pezzo della storia.

Io trovo il progetto geniale e spero abbia tanta fortuna. Credo stiate sondando un territorio ancora inesplorato. Quale riscontro avete dal pubblico e chi sono i vostri abbonati?
Ti ringrazio, il progetto sta andando molto bene. Abbiamo più di 600 abbonate e abbonati, e se ne aggiungono sempre di nuove/i. I riscontri sono sempre positivi; come per ogni cosa magari non tutte le lettere piacciono a tutti, ma in fondo fa parte del gioco, cambiando così tanto stili e generi. Mi verrebbe da azzardare l’ipotesi che abbiamo come abbonati lettori forti, magari avvicinati al progetto dalla partecipazione di un autore o un’autrice che già seguivano e leggevano.

Di certo c’è spazio per crescere, avete progetti per il futuro o intenzione di aumentare la frequenza degli invii che ora è di una lettera al mese?
Abbiamo nel cassetto mille idee, più con l’intenzione di diversificare i tipi di abbonamenti che aumentare il ritmo. Le lettere sono fatte anche per essere attese! Stiamo pensando a diverse fasce d’età, a tipologie diverse di racconto… vedremo cosa accadrà.

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