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Volgare d’un marxista. Karl Marx pensatore punk



Che scintille avranno fatto Persefone e Ade, dopo sei mesi di astinenza? E cosa sarebbe mai stato del mondo se i Vichinghi avessero fondato gli Stati Uniti di Groenlandia? Tra finali di Star Trek alternativi e Harry Potter apocrifi, la fanfiction resuscita personaggi che il tempo ha devitalizzato e rabbocca vene narrative che si erano esaurite. Provate un po’ a curiosare nel mondo delle opere romanzesche dei fan: davvero un bel viaggetto. Peccato solo per l’imperante erotomania: si perde il conto degli amori proibiti fra Lisa e Bart («Questa storia tratta del tema dell’incesto ma in modo romantico») e si fatica a star dietro alla pornovita di Lady Oscar: possibile non trovare titoli come Le sbronze del giovane Gramsci o Messico e nuvole con Lev Trockij? Peccato, perché quello che il saggista McKenzie Wark prescrive al marxismo più asfittico di tutti i tempi è proprio una bella cura di fanfiction.

Nel suo Il capitale è morto. Il peggio deve ancora venire, edito da Nero, McKenzie certifica che il capitalismo è finito e che il suo posto è stato preso da un nuovo sistema di produzione ancora senza nome ma che, lo sappiamo per certo, si fonda su fantasmatico, intangibile, flessibile (prima si vende, poi, semmai, si produce). Dall’altra parte del ring, infiacchito dalle novene kennedyane-blairiane-veltroniane, anche il marxismo non se la passa tanto bene: per lasciarsi alle spalle l’atavico disdegno verso il popolo, McKenzie auspica un bell’involgarimento, auspica che al solito refrain del marxista raffinato «perché il volgo si ostina a sminuire la dottrina del feticismo delle merci?», qualcuno, il marxista volgare, risponda: «Non sarà che le merci promettono qualcosa di irrinunciabilmente estetico-religioso?».
L’emblema del marxista raffinato, scrive McKenzie, è l’uomo di lettere, quello «che in passato affidava a qualcun altro il compito di battere a macchina al posto suo», e oggi «non è neanche capace di caricare i post sui blog di WordPress». Questo intellettuale inerte, che negli ultimi decenni abbiamo imparato a definire radical-chic, sconta la negazione della praxis marxiana in passività politica e impotenza rivoluzionaria. Ieri erano Lukàcs, Sartre e Althusser (i conservatori del rigidissimo protocollo citazione-esegesi-interpretazione: ed è subito ideologia terminale) con i loro saggi per pochi eletti, oggi sono Jameson, Karatani e Žižek, ai quali non basta un’intervista su Robinson per colmare la distanza dalla classe proletaria. Le ceneri di Gramsci, insomma.

Karl Marx

Ma com’erano i marxisti della prima ora, raffinati o volgari? Ci facciamo aiutare da un paio di film usciti in tempi recenti. Quello tra cinema e filosofia è un amore mai sbocciato, basti pensare ai lavori didascalici di Rossellini o ai Nietzsche introvabili di Liliana Cavani e Tuda Yuki, e non stupisce che per un biopic su un pensatore al tritolo come Karl Marx (perfino Ejsenstein rinunciò al progetto su Das Kapital), Il giovane Karl Marx, si sia dovuto attendere il postfordismo. A distanza di tre anni è uscito anche Miss Marx, sulla vita della figlia Eleonor: due film in costume, minuziosi e realistici – certi disegni della piccola Eleonor riproducono fedelmente gli originali – che ci consegnano un insolente e brillante Karl e una fragile e inquieta Tussy. Ascoltando le colonne sonore dei due film l’idea che ci percorre è che il padre stia alla figlia come il rock al punk. Nel postumo Scegli le tue armi, uscito recentemente per minimum fax, Mark Fisher scrive che la cultura rock, dopo una fase iniziale piuttosto sovversiva, ha finito per imborghesirsi; a partire dagli anni Settanta ogni volontà sovvertitrice si è annacquata, fino a sfinirsi nell’autolesionismo nichilista del punk. Potremmo quasi dire, in termini politici, che la spinta propulsiva del rock è tutta racchiusa nel blues.

Karl Marx

La giovinezza battagliera, nomade e squattrinata di Karl Marx ci ricorda cosa significhi essere un intellettuale che si sporca le mani, che pensa alla rivoluzione, che agisce abitando il mondo, e il lavoro di Raoul Peck è talmente piaciuto alla McKenzie che ha portato il figlio a vederlo: «Un film che parla di giovani e rivolto ai giovani». A suo parere Marx e compagni hanno cambiato la storia lavorando sul linguaggio, liberandosi dai luoghi comuni e svecchiando una tradizione. Insomma, sostiene, erano dei punk. In realtà, rivivendo le nottate alcoliche di Marx ed Engels a stendere testi e programmi, si sente più l’atmosfera progressista di certo rock impegnato (i generi voluttuari come stimolanti) che non l’aria nichilista del punk (i generi voluttuari come sedativi), e non per nulla Il giovane Marx si chiude con un Bob Dylan d’annata.
Non è un caso invece che il punk lo usi Susanna Nicchiarelli nel suo Miss Marx. È pur vero che si tratta del kombat punk dei Downtown Boys (che ha ben poco da spartire con la vacua declinazione di Johnny Ramone, il quale, si sa, votava Nixon e Reagan) ma è pur sempre la musica del no future for you. Prima traduttrice inglese di Madame Bovary (una traduzione, un destino), Tussy Marx è attivista sindacale e femminista della primissima ora. Nutrita di anticonformismo progressista, Eleonor predica la coppia senza vincoli giuridici, ma la vita privata la conduce ad augurarsi che la futura società socialista scelga la monogamia. Porta avanti una battaglia ma tifa contro. Questa polarità fra praxis e ideale è il frutto degli uomini della sua vita, nella fattispecie il padre autoritario prima, e il compagno meschino poi, capaci di farla soffrire come una Mia Martini.

Come sarà stato per il filosofo del Capitale gestire una figlia proto-hippie? “Confessione”, il gioco di società che si faceva a casa Marx, emblematizza il bisogno di portare a galla l’iceberg da parte di un’epoca intera, ma il punto è che manca ancora un po’ a Freud e ancor di più a Pastorale americana. Eleonor combatte una vita intera per smascherare l’ipocrisia e il parassitismo della borghesia, e non si accorge che la vera lotta di classe è dentro casa, nel disvelamento della disonestà affettiva. La vera sanguisuga ce l’ha tra le mura domestiche, e grottescamente è il compagno Edward Aveling, la persona con cui firma il trattato femminista The Woman Question. Gli amici la mettono in guardia, ma Eleonor non li sente. Ad un certo punto ecco una scena potenzialmente catartica in cui Tussy mette a nudo la doppiezza del compagno: per un attimo lo spettatore si illude, ma subito dopo capisce che i due stanno semplicemente mettendo in scena Ibsen.

Karl Marx

Marx e Freud sono stati colleghi di cattedra in quella Scuola del Sospetto che ha iniziato a radiografare la spettralità del capitalismo, tema particolarmente caro a Fisher e McKenzie, che vi hanno individuato il vulnus per ridare alla sinistra lo slancio prometeico iscritto nel suo DNA: la crescente mercificazione di settori sempre più inclusivi della vita umana (i cosiddetti beni immateriali) ci obbliga a comprendere e dominare il fantasmatico del nuovo capitalismo tecno-nichilista. Laddove il marxismo raffinato non è più in grado di spiegare il funzionamento delle forze di produzione, i due filosofi invocano il marxismo volgare, soprattutto in quei Cultural Studies in grado di smascherare la cultura estetica pop che col suo rumore di fondo copre la devastazione ambientale, sociale e mentale perpetrate dal realismo capitalista.
Fisher vedeva in Nick Land il marxista volgare dei sogni, ma quando il teorico dell’accelerazionismo si mise a fare le sedute spiritiche perse parte della sua credibilità. Il modello di militante attivista contemporanea che invece propone McKenzie è meno attaccabile: si tratta di quell’Angela Davis che nei saggi sulla musica popolare come bene comune ha raccontato la redenzione collettiva degli spirituals e la liberazione sessuale delle cantanti blues. Nel blues l’amore non è idealizzato, né il matrimonio, né il culto della maternità; nel blues si parla con franchezza di abuso e abbandono, il blues anticipa il femminismo, il blues è politica che suggerisce alle donne di essere indipendenti. Per questo a Eleonor non è mancato uno psicanalista, o Philip Roth, ma il blues; per questo, nell’ultima notte della sua vita, oppio e danza liberatoria la trasformano in Janis Joplin.
A woman left lonely will soon grow tired of waiting.




In copertina: Karl Marx by Andy Warhol

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