03.07.2025

Il labirinto delle possibilità. Scelgo tutto di Valerio Mieli

Una narrazione sliding doors che si interroga sulle potenzialità offerte dai bivi e sull’importanza delle scelte: esiste davvero una vita senza rimpianti?

C’è una celebre poesia di Robert Frost che recita: «Due strade divergevano nel bosco/e io presi la meno battuta/ e questo ha fatto tutta la differenza». Il titolo è The road not taken, ovvero La strada non presa, ed è forse l’immagine poetica più evocativa sul tema del bivio e quindi della scelta che si fa viatico del destino. Pare che la poesia fu ispirata a Frost nel 1916 dall’amico poeta Edward Thomas che si rammaricava sempre di non aver preso la strada che gli avrebbe offerto le migliori opportunità. Un giorno Frost interruppe il suo romantico divagare chiedendo: «Come facevi a sapere che sarebbe stata la strada giusta?», da qui l’ispirazione per il componimento ormai emblematico delle scelte che siamo chiamati a compiere in determinati momenti della vita. Non diversamente dalla poesia di Frost, anche il nuovo romanzo di Valerio Mieli Scelgo tutto (La nave di Teseo, 2025) ripropone il medesimo interrogativo. Il libro di Mieli inizia con una domanda analoga a quella posta a Robert Frost dall’amico Edward Thomas: «Mi chiedeva: ci pensi mai tu a dove saresti se avessi preso un’altra strada? (…) Chi saresti oggi? Che tipo di persona?», anziché offrirci una soluzione morale o poetica, per rispondere al quesito il narratore ci immerge nel labirinto delle possibilità. Seguiamo quindi le vicende di Cosimo, le sue due vite possibili: tutto ha inizio in un momento cardine della giovinezza quando il protagonista è chiamato a compiere una scelta, rimanere al paese con la storica fidanzata Sabina, oppure seguire il consiglio di una donna appena conosciuta e partire alla volta di Parigi alla ricerca di una «vita davvero sbadabam». Ambientato in un mondo ancora analogico, non insidiato dal digitale «all’epoca non esistevano ancora tutti gli strumenti che permettono di restare amici anche senza esserlo. Nemmeno quasi i cellulari, esistevano» il romanzo sembra contenere in nuce quell’atmosfera possibilistica di inizio anni Ottanta, insidiata però da uno smarrimento molto contemporaneo che riflette la nostra società contrassegnata dalla crisi delle certezze.

Scelgo tutto di Valerio Mieli (La nave di Teseo, 2025)

Le due storie parallele di Cosimo si snodano inframezzandosi tra loro, complice una diversa impaginazione del testo a colonna che permette al lettore di distinguere la “storia 1” dalla “storia 2”. La narrazione proposta da Mieli è audace, in parte ricorda la struttura di 4321 di Paul Auster, uscito per Einaudi nel 2017, un altro libro titanico che si proponeva di presentare tutti i destini possibili del protagonista. Proprio come accade all’Archie Ferguson dell’opera di Auster, anche in questo caso ci sono degli eventi destinati a ripetersi come delle costanti in entrambe le vite, in particolare un lutto fa da spartiacque determinando un secondo turning point nell’esistenza sdoppiata di Cosimo. L’idea di destino, malgrado l’escamotage letterario, si ripete: è come se Mieli, esattamente alla stregua di Auster, volesse far intendere che c’è una trama già scritta in grado di andare persino al di là delle singole scelte individuali, che la vita è anche un po’ quel che ci capita e non possiamo in alcun modo evitare, non importa quanto lontano fuggiamo. Ricorda la leggenda mediorientale di Samarcanda, in cui l’angelo della morte alla fine riesce a sorprendere il soldato nonostante lui sia fuggito al galoppo perché avvertito del pericolo. Da sempre l’umanità si interroga sull’idea di destino: è già determinato? Siamo noi a crearlo attraverso le nostre scelte? Il quesito è interessante, non solo dal punto di vista letterario ma anche filosofico. «Faber est suae quisque fortunae», ciascuno è artefice del proprio destino, dicevano i latini: il motto, in particolare, è attribuito al censore Appio Claudio Cieco che lo usò nelle sue sententatie moraleggianti. Secondo Machiavelli, invece, ogni uomo è artefice del proprio destino solo per il cinquanta per cento delle sue azioni; mentre il restante cinquanta per cento è nelle mani della Fortuna. Machiavelli ne Il Principe introduceva proprio il concetto di «fortuna» come qualcosa di fatto imprevedibile e arbitrario, simile a un fiume in piena che travolge tutto ciò che incontra.

Scelgo tutto ci immerge in questi interrogativi antichi, che hanno dato filo da torcere a pensatori e filosofi, attraverso una narrazione moderna e fluviale che non si arresta in disquisizioni filosofiche, non rischia di impaludarsi nell’eterno “gioco dei se”, ma ci mostra le cose nel momento stesso in cui accadono. La struttura del romanzo di Valerio Mieli, forse perché influenzata dalla formazione di regista dell’autore, è molto cinematografica e senz’altro debitrice allo schema base della sceneggiatura: ricorda il celebre manuale Story di Robert McKee che insegna che una buona storia ha bisogno di un incidente scatenante e di vari punti di svolta (nel lessico tecnico: turning point), almeno uno per ogni atto, per funzionare. Ogni volta infatti che, come lettori, crediamo di aver capito in che direzione andranno le due vite di Cosimo ecco che, sbadabam, accade qualcosa che spariglia le carte in tavola. Il libro non a caso è già stato opzionato per il cinema dalla società Wildside del gruppo Fremantle: lo vedremo presto sul grande schermo per la regia dello stesso Mieli (il cast è ancora top secret, ma le letture di Celeste Dalla Porta fanno sperare in un suo ruolo). La storia si presta molto all’adattamento filmico, la stessa idea delle sliding doors è di matrice cinematografica: pensiamo al celebre film di Peter Howitt del 1998 con protagonista Gwyneth Paltrow che ripropone un’idea simile utilizzando come bivio l’apertura e la chiusura delle porte della metropolitana. Cosa sarebbe accaduto se? Ce lo siamo chiesti tutti, almeno una volta, sperimentando il pungolo del rimpianto. Nella realtà non potremo mai saperlo, ma l’arte ci permette di abitare il regno del possibile. Nell’indagare l’atavico quesito Valerio Mieli non indulge in facili sentimentalismi né cerca di indorare la pillola al lettore.  Nessuna delle due vite del protagonista è migliore o perfetta, ciascuna delle due presenta difficoltà e mancanze, curiosamente i rimpianti sono speculari: in entrambe le vite presto o tardi il protagonista si trova a rimpiangere l’altra strada, la “strada non presa”. Sia che resti al paese, sia che vada a Parigi, l’esistenza di Cosimo (o Cosmo, come si farà chiamare, dischiudendo la valenza cosmica della singola prospettiva) non sarà immune dal dolore, dal rimpianto, dal fallimento. Che poi esiste davvero questa vita sbadabam? Come lettori siamo certamente portati a preferire una vita rispetto all’altra, ma non mancheremo di restare delusi dinnanzi a certe azioni compiute dal protagonista o sconvolti da eventi che trascendono la sua stessa volontà. Il vero tema del romanzo di Mieli è l’ingovernabilità del destino, che si fa ancora più evidente nella seconda parte quando fa la sua apparizione il personaggio di Giacoma, sorta di alter ego femminile dello stesso Cosimo, una donna che non fa altro che lasciare “vite in sospeso” continuando a sperare in una vita migliore.

«Aveva fatto tutto, non si era negata niente, ed era piena di rimpianti, di amarezza. Da sempre scappava da un posto all’altro».

Sarà proprio il personaggio di Giacoma, altra narratrice in prima persona, a spiegare il titolo del romanzo – ed è la spiegazione che il lettore non si aspetta. Scelgo tutto infatti è una biografia di Teresa di Lisieux scritta da Marie-Dominique Molinié: nella visione della santa «scegliere tutto» equivale a «rinunciare a tutto», cioè accettare tutto ciò che capita obbedendo alla volontà divina. Invece Giacoma nella sua fame di vita contraddice santa Teresa: «Visto che io non volevo rinunciare a niente, mi sembrava la soluzione ai miei problemi», ma anche la sua irrequietudine infine sarà placata. La scelta è facoltà dell’umano: esiste per tutti noi un momento, di solito nella prima giovinezza, in cui tutte le “strade sono aperte”, il nostro organismo è come una cellula indifferenziata e primitiva, non ancora specializzata, aperta a ogni possibilità – ma è una condizione di breve durata, quella libertà totale non può durare per sempre perché è la vita stessa che, a un certo punto, ci chiama a scegliere. Dunque, siamo davvero padroni del nostro destino? Scelgo tutto ci offre una risposta inattesa, immergendoci in una sensazione di precarietà che è molto contemporanea. Le due vite di Cosimo sono una metamorfosi continua e ponendoci a confronto con questa fluidità degli eventi Valerio Mieli evidenzia la mancanza di senso nell’idea stessa di destino.  Sottotraccia sembra scorrere l’Aut-aut di Kierkegaard, ovvero il contrasto tra lo stile di vita etico e quello edonistico, ma solo per la prima parte del romanzo, perché infine le due prospettive sono comunque chiamate a convergere: la vita è sempre insidiata dalla morte, l’amore ­ – romantico, paterno, filiale – è sempre manchevole e imperfetto e non esiste esistenza che non contempli, prima o poi, il compromesso tra ciò che vorremmo e ciò che siamo.  

La scelta, in fondo, è il nucleo romanzesco per antonomasia: sin dalle fiabe l’eroe è chiamato a compiere una scelta che determinerà il suo destino. L’eterno gioco delle possibilità è la matrice stessa della narrativa che indaga «un mondo dentro un altro mondo». Una delle proposte più ricorrenti nel libro di Mieli è una sequela di interrogativi: «È felice? È infelice? Sempre? È la scelta giusta o quella sbagliata?». Ma per sapere se una scelta è giusta o sbagliata dovremmo poter conoscere tutti i fatti in anticipo ed è proprio l’inconoscibilità del futuro a determinare l’essenza stessa del vivere. Forse, in fondo, la risposta più saggia la offre sin dall’inizio Sabina, uno dei personaggi più indimenticabili dell’intera storia:

«Il senso della vita, Cosimino, è accontentarsi».

Proprio nel personaggio di Sabina è racchiuso uno degli insegnamenti reconditi del romanzo di Mieli: gli eventi determinano la nostra sorte più di quanto noi stessi siamo disposti ad ammettere. Lei aveva capito tutto, con la stessa lucidità con cui Teresa di Lisieux affermava che “scegliere tutto” era impossibile poiché equivaleva a rinunciare a ogni cosa. La via della contentezza tuttavia non appartiene a Cosimo, che per quell’essenza cosmica inscritta nel suo nome vuole esplorare la totalità del reale:

«Cominciare altrove. Cercarmi da qualche parte una vita davvero sbadabam. Ma certo che le cose poi vanno come vanno. Vanno dove vogliono loro. Hai fatto bene, hai fatto male? E chi lo sa».

La casualità degli avvenimenti è però difficile da riconoscere per chi nella vita fa il regista o lo scrittore, ed è quindi abituato a imbastire storie sperimentando quell’onnipotenza assoluta che solo l’arte, nel suo stato più puro, sa concedere. La letteratura è il labirinto delle possibilità. Dopotutto leggiamo e scriviamo perché una vita sola non basta.

Immagine di copertina: Foto di Javier Allegue Barros su Unsplash

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