raul montanari
Comma 22

Raul Montanari, il post noir e Il vizio della solitudine




Quando Ennio Guarneri, ex poliziotto cinquantenne, assiste per caso a quella che sembra un’esecuzione in piena regola, non può fare a meno di intervenire. Il killer muore, la vittima predestinata fugge e Guarneri si ritrova catapultato al centro di una vicenda più grande di lui dove tutto sembra trasformarsi in qualcosa di diverso dalle iniziali apparenze. L’assassino, infatti, si rivela essere il giustiziere di un’associazione segreta che dà la caccia agli scafisti per vendicare torture e violenze subite da chi affronta i viaggi della disperazione. La vittima? Un brutale carnefice, con le mani sporche di sangue innocente. Guarneri, ora, ha due possibilità: diventare egli stesso un killer al soldo dell’associazione o pagare, con la vita, l’errore fatale che ha commesso seppur inconsapevolmente.

Gli ingredienti del noir sembrano esserci tutti. Eppure, ancora una volta, Raul Montanari stravolge le regole e ci consegna un perfetto esempio del non-genere che egli stesso, da oltre un decennio, ha teorizzato insieme ad autori come Grazia Verasani e Gianni Biondillo: il post noir. Cos’è il post noir? Una narrativa di tensione che riesce a fare a meno di detective, indagini, omicidi (anche se in questo caso i morti ammazzati non mancano) e ad annullare il divario qualitativo tra narrativa di genere e narrativa letteraria. Il vero scopo del romanzo, infatti, non è giungere alla soluzione di un caso, trascinare uno schema consolidato fino a uno showdown che ristabilisca una situazione iniziale di ordine o caos (scopo di ogni “crime” che si rispetti). Anzi, a dirla tutta, nel romanzo accade anche questo, certo; ma a fine lettura ciò che ci ha rapiti, affascinati, coinvolti, è altro.

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Il romanzo di Montanari è una lucida, disincantata, a volte malinconica riflessione sulla solitudine. I cinquant’anni di Guarneri sono un punto di osservazione privilegiato per riflettere su ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere della sua vita. I genitori scomparsi prematuramente, il lavoro in polizia (vissuto nell’eterno dilemma dell’essere servitore della legge o perseguire una giustizia che non tiene conto delle regole) un matrimonio sbagliato, gli errori e le occasioni mancate. Nel tirare le somme della propria esistenza, stimolato dall’accelerazione vertiginosa che gli impone la vicenda surreale e pericolosa che lo vede protagonista, Guarneri vede emergere due unici punti di riferimento: la sua anziana maestra, alla quale chiede di poter ripercorrere l’iter formativo delle elementari prendendo lezioni private che sembrano ricollegarlo a una verità su se stesso sepolta nel passato. E Greta, una ragazza che vende una rivista politica porta a porta e con la quale, inaspettatamente, nasce un rapporto improbabile, inverosimile, un sentimento che è più forte delle tante barriere che li dividono.

Il disincanto, lo smarrimento di Guarneri, giunto ad un punto del suo percorso che non gli consente più di rimandare un bilancio, è uno stato d’animo che forse tutti siamo destinati a vivere (o abbiamo già vissuto). Le riflessioni che l’autore ci regala attraverso il suo personaggio, diventano le nostre e ci spingono a meditare su quanto le dinamiche sentimentali e psicologiche nelle nostre famiglie abbiano influito su ciò che siamo oggi, sul significato che siamo capaci di dare all’amicizia, su come ci poniamo nei confronti delle scelte di principio che si possono mettere fra noi e il modo indolente nel quale, spesso, trasciniamo la nostra vita.

Temi esistenziali, universali, che evadono ampiamente dalle angustie della narrativa di genere, pur se inseriti in un contesto che ha tutte le carte in tavola per essere considerato tale. È questa l’arma vincente della letteratura di Raul Montanari e lo è stata sin dagli anni Novanta, quando con una pattuglia di altri giovani agguerriti autori come Pinketts, Fois, Genna, Ammaniti, decise di mostrare i muscoli a un ambiente letterario addormentato e apatico. Allora fu proprio la connotazione noir delle loro storie il cavallo di Troia utilizzato per sfondare il muro di indifferenza della critica e dei lettori e iniziare a proporre un nuovo modo di fare narrativa. Quegli autori hanno poi, fatalmente, percorso strade diverse ma la loro produzione resta ancora oggi accomunata dal concetto di base che si può fare letteratura raggiungendo una platea ampia di lettori, si può raccontare una storia e toccare allo stesso tempo tematiche universali, si può intrattenere senza essere relegati a soluzioni espressive dozzinali.

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Raul Montanari, Aldo Nove, Tiziano Scarpa, foto di Michele Corleone

Tornando alla storia narrata in Il vizio della solitudine, edito da Baldini+Castoldi, va rilevato come ancora una volta deus ex machina del romanzo sia la figura dell’investigatore privato Ric Velardi (che qui collabora con l’associazione di giustizieri cacciatori di scafisti). Montanari inserisce Velardi nei suoi romanzi come catalizzatore di avvenimenti, risolutore di snodi di trama complessi, lo rende coscienza critica e allo stesso tempo uomo d’azione, tratteggiandolo in un modo completo e affascinante nel quale riesce a far convivere umanità e cinismo, compassione e spietato senso della giustizia. Tutto ciò senza connotarlo come personaggio seriale classico ma facendolo agire di volta in volta come comprimario al servizio della storia e dei suoi protagonisti. Una soluzione narrativa geniale, quella di Ric Velardi, che compare per la sesta volta in un romanzo di Raul Montanari (il primo fu Strane cose, domani che nel 2010 gli valse il Premio Strega Giovani, Il Premio Bari e il Premio Siderno).

Il vizio della solitudine è un romanzo splendido, coraggioso nel suo totale disinteresse a voler cavalcare una collocazione di genere o a volersene distaccare in modo programmatico o ostentato. Forte dell’essere stato, trent’anni fa, il primo della sua generazione a pubblicare un noir in una collana letteraria a tutti gli effetti (Leonardo Mondadori collocò il suo romanzo d’esordio a fianco di autori come Philip Roth e John Fante, Aldo Busi e Eudora Welty), Montanari padroneggia la sintassi del noir tanto da saperne prendere giusto quello che gli serve per sedurci, con un infallibile senso della misura.

Un ennesimo esempio di scrittura cristallina, potente, dal fascino quasi sensuale, da parte dell’autore contemporaneo italiano che probabilmente più di qualunque altro riesce a far convivere la qualità indiscutibile di una prosa letteraria in un linguaggio moderno fruibile e trasversale. Qualità che unita alla tensione narrativa e alla profondità delle tematiche trattate rende il romanzo davvero consigliato a tutte le tipologie di lettori.





Crediti fotografici
Foto prese dal sito dell’autore,
Raul Montanari