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Ore di alternativa. Una conversazione con Laura Marzi



La materia alternativa (Mondadori), esordio letterario di Laura Marzi,  racconta la storia di una professoressa che per vivere insegna in una scuola superiore la materia alternativa alla religione cattolica.
A intervalli liberi, in cui brevi capitoli compongono i momenti di un anno scolastico, si dispiegano tante storie. La narrazione della quotidianità della protagonista si dibatte, paralella e contigua, tra le realtà delle esistenze giovani delle ragazze e dei ragazzi delle sue classi alternative: le vicende dei loro corpi adolescenti, per la più parte di origine straniera, entrano in una relazione di alterità fruttuosa e fanno da controcanto all’altra materia alternativa del romanzo. Quella alla religione della coppia.
Rifuggendo dalla religione di coppia, la protagonista cerca riparo in quel rifugio sicuro che è una solitudine – l’autosufficienza fantasticata – puntellata di incontri fugaci. Lo sgombrarsi dall’altro, che quando è bisogno rischia di diventare dipendenza, rivela tutte le vulnerabilità di questa personaggia, eroica, desiderante e profondamente vivente.

Nel tuo libro la “materia alternativa” sembra rappresentare uno spazio vuoto, in cui libertà e disorientamento fanno a duello. L’io narrante lo chiama “il mio far west”. Cosa significa?
Nel romanzo, “la materia alternativa” è uno spazio di conquista, la ricerca di un territorio in cui il dialogo tra la protagonista e gli alunni sia il più vasto possibile, oltre i condizionamenti e i confini dati dalle norme scolastiche, dalla necessità delle valutazioni e di seguire “il programma”, ma anche oltre i limiti delle comunicazioni canoniche tra adulti e adolescenti. È la ricerca di un insegnamento libero di essere tanto crudo quanto necessario. Per la prof protagonista del romanzo è davvero uno spazio di conquista, come era il far west appunto, di una libertà di insegnamento che nelle altre materie è solo utopica e che non si può basare sul ricatto, inevitabile, che domina in classe: se non ti comporti bene, avrai delle conseguenze disciplinari e un brutto voto. Per questo, come il far west, la materia alternativa è anche pericolosa: si fonda esclusivamente sulla capacità della prof di insegnare qualcosa che conti davvero, ma non per lei, per loro.

La personaggia dell’insegnante di materia alternativa è certamente un’eroina. Vuoi parlarci del suo eroismo? Quanto il suo essere eroica ha a che fare con la ricerca del sé?
Se è un’eroina, è un’eroina del resistere. La protagonista di questo romanzo ha attraversato diverse tempeste, non ne è uscita migliore, neanche più saggia, ma è sopravvissuta e ha fatto di quella resistenza la cifra della sua vita. La sua ricerca del sé deriva dalla condizione di profonda solitudine che lei vive e che in effetti la avvicina agli eroi e alle eroine che sono per definizione sempre profondamente soli e sole. La sua quête è, in effetti, tutta interiore e consiste nell’impresa di superare la paura di perdere proprio quella solitudine ed essere insieme a un’altra persona davvero: nella condivisione di uno spazio, del desiderio, della vita quotidiana, anche quando questa diventa tutt’altro che eroica.

La giovinezza è la grande protagonista del tuo romanzo, sia nelle vesti degli studenti, sia in quelle della voce narrante. La giovinezza dell’insegnante di materia alternativa è relativa però, anzi funzionale, perché abita quel presente di precarietà che ci rende in esilio sine tempore. Questa precarietà innerva tutto il romanzo.
Sì, giovinezza e precarietà non coincidono però. Ci sono molti giovani che, grazie ai percorsi lavorativi che intraprendono, riescono a evitare la condizione dell’instabilità salariale che invece attanaglia la protagonista del romanzo. E forse questo accade perché i “veri” giovani sono cresciuti in un tempo in cui la precarietà era già la norma: alcuni quindi sanno fare delle scelte mature che li salvano dal calvario del precariato. La protagonista di questo romanzo appartiene a quella generazione di passaggio, che ha seguito un percorso di formazione e di eccellenza convinta che questo l’avrebbe portata a realizzare una carriera adeguata, coerente, conforme. Invece, proprio mentre lei studiava e studiava, tale possibilità si sgretolava. La prof, quindi, vive ancora della giovinezza la condizione dell’instabilità che ha come controcanto positivo quello del perdurare delle possibilità. Il fatto è che le possibilità, quando l’età avanza, rischiano di diventare delle illusioni e poi l’obbligo alla giovinezza quando si è mature è una fatica per il corpo. La precarietà quindi è una forma di sfruttamento fisico e un inganno: che si possa ancora cambiare, dato che non abbiamo niente di sicuro da perdere.

Uno studente, Gioele, parlando di dita e mani mozzate, sbotta: «Sì, perché io c’ho la rabbia». Nel tuo libro insieme alla giovinezza c’è la rabbia, quella rabbia giovane del film di Terence Malick ma anche la rabbia della poeta femminista Audre Lorde.
La rabbia è certamente uno dei motori di questo romanzo: la rabbia sociale dei ragazzini e della prof che si trovano a vivere in delle abitazioni che sono in realtà degli scantinati o degli ex garage, anche se per ragioni diverse, ma anche la rabbia accumulata dagli alunni e dalle alunne che soffrono continue discriminazioni razziali, ogni giorno. Ancora, la rabbia della protagonista che non ha mai potuto dire apertamente ai suoi genitori che anche lei aveva bisogno di sostegno, che la tossicodipendenza di sua sorella le ha sottratto non solo ogni forma di attenzione, ma soprattutto la sacrosanta possibilità di sbagliare, di sbandare, di essere figlia a sua volta e non, come c’è scritto nel romanzo: «una ragazzina matusalemme».
Trovo che la rabbia sia in generale un motore politico fondamentale, come dimostrano i testi di Audre Lorde che tu citi, e questo romanzo ha come sorgente un’istanza politica. Proprio nei diversi dialoghi con l’alunno Gioele lei cerca di indicargli la differenza tra un’espressione distruttiva della rabbia, che è quella che lui intravvede come l’unica possibile, e un’altra trasformativa, che lei gli indica come la scelta del guerriero. Anche Jonas, il giovane uomo albanese con cui la protagonista esce qualche volta, aveva la rabbia ed è riuscito a trasformarla in capacità di stare al mondo, è lui il vero eroe del romanzo.

alternativa

L’altro, gli altri impersonati dalle figure maschili degli amanti, sono delle alterità spesso barricate nello stigma del genere maschile. L’amore è centrale, come il disamore che queste relazioni cercano e fuggono. Vuoi parlarci di queste relazioni? Come l’altro rappresenta un’alternativa, insidiosa e fatale, a noi?
Nella prima parte del romanzo gioco al gioco della vendetta e come puoi immaginare mi diverto parecchio. La protagonista incontra degli uomini, lo fa senza nessuna vocazione al sadismo, ma con il pieno potere di decidere se, come e quando vederli, scoparci o abbandonarli. Loro sono un’alternativa alla sua sudditanza: lei non ha potuto scegliere che tipo di relazioni familiari avere, dove vivere, che lavoro svolgere. Ha fatto tutto quello che poteva e doveva, senza riuscire a guadagnarsi la facoltà di scegliere. Invece con loro agisce e in questo pratica una forma di eroismo. Come tu scrivi, però, l’Altro rappresenta un rischio proprio perché la sua esistenza è potenzialmente un’alternativa costante alle nostre scelte, a ciò che noi desideriamo ed è questo pericolo che la prof cerca di evitare con tutte le sue forze nella vita privata, mentre paradossalmente è così abile ad affrontarlo coi suoi alunni e le sue alunne.

Nel libro, parlando dell’evoluzione comportamentale di uno studente, la voce narrante chiosa in maniera molto bella. Dice: «[…] perché le cose non cambiano, non si risolvono, la realtà dei fatti è come le nuvole: muta forma, ma mai l’evidenza di portare pioggia». Quanto di rassegnato e quanto di realista c’è nella consapevolezza della voce narrante?
Mi sembra che ci siano entrambe le componenti o meglio, credo che il realismo comporti una dose di rassegnazione, ma non come istanza depressiva, come si tende a credere, bensì come tentativo di lucidità. Nel romanzo la ricerca spirituale, della verità, dell’amore inteso come principio unico è ciò che unisce le due linee narrative: quella della materia alternativa alla religione cattolica a scuola, e l’altra della materia alternativa alla religione della coppia, fuori. Le immagini e i dogmi cattolici che informano la nostra concezione del mondo, anche se non siamo credenti, guidano la protagonista nel suo apprendistato amoroso e d’altra parte la sua fede in quello che lei chiama Ordine Cosmico, le minime conoscenze che ha rispetto alle altre religioni praticate dai suoi alunni e dalle sue alunne, le permettono di comprendere e di stare in prossimità delle diverse abitudini dei ragazzini e delle ragazzine stranieri, che popolano le lezioni di materia alternativa. La rassegnazione che nomini deriva quindi da una forma di consapevolezza dei limiti di ogni essere umano di fronte al Reale.

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