noemi vola
Comma 22

Perché le storie non hanno un happy end. Intervista a Noemi Vola


«Sono contro gli happy ending perché non credo che le storie si risolvano ma piuttosto si attraversino. Questo non deve spaventare: la vita è fatta così».

E allora nell’ultima pagina del libro l’orso non scompare, gli amici svaniscono tra bolle di sapone e non si ritrova la metà mancante (ma si scopre chi si vuole e può essere). La magia la fanno pennarelli colorati di serie B – quelli a basso costo che si trovano al supermercato – che nelle sue mani, quelle di Noemi Vola, tra le autrici e illustratrici più interessanti della scena contemporanea, diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, città dove torna sempre quando non sa dove andare, trent’anni ancora da compiere, diventano bacchette magiche dalle quali nascono personaggi incantati, amici immaginari che accompagnano bambine e bambini – ma anche gli adulti che non hanno perso la capacità di stupirsi – alla scoperta di loro stessi e delle cose della vita: solitudine, amicizia, identità, emozioni, paure, desideri, fallimenti. Disegni e storie che abbattono stereotipi: a febbraio 2023 uscirà Se piangi come una fontana con Corraini, già pubblicato in Canada, che prova a decostruire l’idea che piangere sia sbagliato:

«Ti dicono che sarebbe meglio non piangere in pubblico o non piangere proprio, come se fosse possibile. Questo libro è un modo per invitare a piangere il più possibile e in tutti i modi: per esempio, se piangi all’ora di pranzo sulla pentola puoi far bollire la pasta nelle lacrime e risparmi anche il sale».

Noemi vola
Noemi Vola

Così, tra vermi rosa, plastilina, dischi di Pop X in loop, murales come rituale domenicale e felpe nere di ET che fanno tanto nerd anni Novanta, Noemi Vola colleziona mensole (virtuali) piene di premi (Un orso sullo stomaco è stato premiato nel 2018 con Nati per leggere; Sulla vita sfortunata dei vermi è stato selezionato tra i cinque migliori libri del 2021 per il CICLA Chen Bochui International Children’s Literature Award e ha ricevuto la Menzione Speciale al Bologna Ragazzi Crossmedia Award 2022 e nello stesso anno le sue illustrazioni sono state selezionate per il Bologna Children’s Book Fair) continuando a raccontare storie che creano dei cortocircuiti tra estetica e contenuto, il cui risultato è quell’effetto bellissimo che solo l’arte che intercetta il contemporaneo riesce ad avere sui nostri cervelli – spesso – annoiati: scintille di pensiero critico, riflessioni, domande che restano senza risposta.

Noemi Vola, il 2022 si è concluso con l’uscita di Una festa indimenticabile, uscito sempre con Corraini, un libro che parla di bruchi e solitudine. Come nasce?
L’idea mi è venuta durante il lockdown del 2020, perché come tutto il resto del mondo ero a casa e non ce la facevo più a intrattenermi e disegnavo costantemente. A un certo punto ho detto cavolo, vorrei fare una festa e invitare i miei amici e non si poteva fare. Ho disegnato il bruco che vuole fare una festa ma non riesce a invitare nessuno e mi sono resa conto che, dal disegno stilizzato, ogni pallino poteva essere una nuova persona. Da qui nasce questa breve storia sull’avventura indimenticabile di festa con se stessi.

una festa indimenticabile
da Una festa indimenticabile (Corraini, 2022)

Il libro è dedicato agli amici immaginari, perché?
Riguardandolo a distanza, post lockdown, ho capito che è una riflessione sulla solitudine che vale sempre. Capita a tutti di essere da soli per qualsiasi motivo e sarebbe importante escogitare dei sistemi per stare bene lo stesso. Il mio metodo di sopravvivenza è disegnare: ho dedicato il libro ai miei amici immaginari, che sono i personaggi che disegno e invento, perché passo più tempo con loro che con quelli reali.

La solitudine e l’arte di stare bene con se stessi sono temi complessi, soprattutto per i più piccoli. Perché è importante farli entrare in una narrazione?
A me viene naturale parlare di queste cose un po’ scomode perché sono quelle che, vivendo normalmente, mi colpiscono di più. La maggior parte delle volte mi turbano in un modo che non capisco bene e il fatto di disegnarle, dargli una forma – come l’orso che rappresenta la paura o  altre cose – è il tentativo di riconoscere un’emozione e provare a raccontarla, per scomporla e semplificarla un po’. Lo stesso vale quando ne parlo con le bambine e i bambini e alla fine ci rendiamo conto che un orso può fare paura ma tutti abbiamo a che fare con un orso e capiamo esattamente di cosa stiamo parlando. È un modo per abbattere le barriere che spesso costruiamo da soli.

Spesso le storie per bambini finiscono con un happy end, che però può essere anche l’inizio di qualcosa di potenzialmente terribile: non sai cosa succede dopo quel finale felice ma sai che non può esserci un punto e basta. Cosa ne pensi?
Ascoltavo uno dei miei podcast preferiti che si chiama Problemi (di Jonathan Zenti, ndr) e parla di problemi di ogni tipo, è uscito anche un libro, e lui dice che fare un libro che parla di problemi non ti offre la soluzione ma ti dice come si può stare nei problemi. Ho pensato che per me è la stessa cosa: sono contro gli happy ending perché le cose della vita si attraversano. È anche quello che racconto nel libro dei vermi, dove il protagonista è costretto a reinventarsi. C’è chi dice che definirsi sia una caratteristica dell’adolescenza ma io credo sia una ricerca che dura tutta la vita. È come se fuori ci chiedessero sempre chi siamo e se non sei in grado di dirlo sei un fallito. È molto lontano dalla realtà. In Portogallo ho pubblicato uno dei primi libri che ho realizzato e che parla dei finali delle storie e di come le storie vanno sempre a finire male ma la cosa importante non è il finale ma avere la possibilità di costruire nuove storie.

Opere in plastilina

Oltre a disegnare, lavori anche con la plastilina. Come ci sei arrivata?
Sono sempre stata molto attratta dal materiale ma non avevo il coraggio di usarlo, perché mi è sembrata una cosa un po’ inutile. Poi mi hanno invitata a fare una mostra all’Officina Margherita e usare la plastilina andava contro le regole canoniche, tipo meglio la ceramica o altri materiali che permettono di vendere le opere oltre che conservarle. Mi hanno detto ma se ti piace tanto, perché no? Ho iniziato a usarla e a fotografarla, così ho capito che si può fare tutto e che le regole te le dai tu. Mi piace molto usare materiali di serie B: i pennarelli, che lasciano quel segno fastidioso e quindi i professori in Accademia erano contrari; invece, me ne sono fregata perché mi piacevano troppo e adesso compro anche cose più professionali ma li abbino sempre a quelli scadenti del supermercato. Stessa cosa per la plastilina, che non si conserva e quindi non può essere venduta come opera. Ho superato il problema passandola nella macchina delle tagliatelle – sì, quella delle nonne in acciaio con la manopola – e poi quello che esce lo metto sottovetro. È molto strano l’effetto perché è tutto deformato e lo rende più inquietante anche se sono soggetti super felici, viene fuori qualcosa di strano. Si crea un cortocircuito che mi piace molto.

Sei inutile ma non piangere (Enter Press, 2022)

Oltre ai libri per bambini, nel 2022 sei uscita con una produzione indipendente: Sei inutile ma non piangere con Enter Press. È una raccolta di disegni dei tuoi sketchbook?
Sì, esatto. Il libro è fatto con gli scarti degli sketchbook che stavo tenendo per fare un altro libro, che non sono ancora riuscita a fare. È stato molto interessante, alla fine mi sono resa conto che è uno dei miei preferiti perché non è legato alla narrazione e questo mi ha permesso di essere molto più fresca perché c’è assoluta anarchia e libertà. Spero di farne altri.

Ci sono elementi che richiamano la street art. Fai anche muri?
Mi diverto molto quando la domenica non so cosa fare e vado nelle fabbriche abbandonate a dipingere, lo faccio senza fini.

Nelle tue opere i personaggi sono sempre molto carini, fiorellini e cuori, accostati a frasi ciniche e taglienti. Dove trovi ispirazione?
I miei disegni sono per scelta soggetti come fiorellini e cuoricini, che nel nostro immaginario sono associati a cose allegre e rassicuranti. Ritrovarli accanto a frasi più disturbanti crea un cortocircuito, un crash. Per le frasi attingo dappertutto, facendo un mix di conversazioni da bar o ascoltate qua e là nei contesti più disparati. Ho iniziato ad appuntarle e ho visto che si accostavano ai miei disegni. Per il titolo del libro, Sei inutile ma non piangere, mi sono resa conto a posteriori di essermi ispirata involontariamente a un pezzo di Pop X che dice una frase molto simile, tipo sei inutile ma datti da fare. Dico involontariamente ma li ascolto in maniera compulsiva e le loro frasi mi restano appiccicate alla testa. Mi piace quella cosa che ti fanno perché non capisci mai bene di cosa parlano.

Chiudiamo la chiacchierata con un consiglio di lettura: quale libro dovremmo assolutamente avere?
Le storie di Mumin di Iperborea, personaggi che sembrano ippopotami ma sono dei troll che vivono in modo anticonvenzionale e tirano fuori soluzioni geniali qualsiasi cosa che gli capiti. In Italia, purtroppo, non sono molto conosciuti. Sono per bambini e adulti e ci sono sia fumetti che romanzi. Questi personaggi sono continuamente alle prese con catastrofi naturali e si inventano dei modi assurdi per superare momenti tragici e disastrosi. Ovviamente vorrei che fossero i miei migliori amici o poterli votare per averli al Governo.

Dopo che ci siamo salutate apro a caso il libro Sei inutile ma non piangere, come se fosse uno di quelli che offre risposte sagge a domande silenziose.
Mi esce una margherita che piange e la scritta «Quando sei triste vatti a comprare le birre». Altro che Mumin, io vorrei Noemi Vola come migliore amica, immaginaria o no.




In copertina: Non mi piace (feat Martina Tonello) Officina Margherita, Bologna 2019