Search
Close this search box.

Figure della Nostalgia. Dov’è il futuro?



È una bella giornata, la luce di taglio che filtra dalla finestra ricorda vagamente i malinconici quadri di Hopper. Sollevate il cellulare e attivate la fotocamera, per catturare il momento. Nella stanza si riverbera il clic di scatto di una macchina analogica: è quello il segnale che sancisce che sì, la fotografia è stata registrata e acquisita dalla memoria del vostro smartphone. Il file è pronto per essere condiviso sui vostri account social, oppure per rimanere lì, incamerato dal vostro telefono, in attesa di ripresentarsi al momento giusto, quando un nuovo ‘album di ricordi’ verrà rilasciato a disposizione dell’utente…

Il meccanismo della nostalgia comincia da qui, da una profonda contraddizione insita nella promessa tecnologica del nuovo millennio, che trasporta nel presente ‘istanze di passato’, per produrre un effetto di futuro. Una specie di proiezione ortogonale: dal piano bidimensionale alla profondità del touch-screen. Ciò produrrebbe un’impressione di vettorialità, di balzo in avanti. Eppure, è forte il sentimento di delusione che inevitabilmente accompagna questo processo: agli ‘amici’ di Facebook si vorrebbe sostituire il calore di vicinanze umane, alle fotografie digitali si vorrebbero affiancare più scatti su pellicola. Si acuisce così il sentimento della nostalgia, che annulla lo sforzo proiettivo della tecnologia, per riportarci indietro, ai ‘bei tempi andati’. Ed è proprio basandosi su questo sentimento che può reiterarsi l’effetto-futuro di cui sopra: ci sarà un nuovo strumento in grado di rendere più immersiva l’esperienza del suo utilizzo, in grado di far (ri)vivere con più intensità, ricordare in modo più accurato, più definito. È proprio ciò che spiega Don Draper, il personaggio della serie di successo Mad Men, nel paragrafo intitolato ‘Una vecchia ferita’ – Yesterday. Filosofia della Nostalgia, scritto dalla filosofa Lucrezia Ercoli (Ponte alle grazie, Milano, 2022, pagg. 147): «Bisogna creare un legame più profondo col prodotto» spiega Don. Bisogna usare «la nostalgia» che è un’emozione «delicata, ma potente». Nella fase di progettazione della campagna di lancio del proiettore Kodak, Don esclama: «questo aggeggio non è una nave spaziale. È una macchina del tempo». Questo passaggio ci porta direttamente al cuore di uno degli aspetti centrali del libro di Lucrezia Ercoli, il ruolo che riveste l’immaginario cinematografico nella plasmazione di nuove e vecchie nostalgie. Il cinema proietta sullo schermo, davanti allo spettatore, avvenimenti che sembrano svolgersi nel momento presente, ma che sono in realtà accaduti tempo prima, e da tutt’altra parte, davanti alla cinepresa. Al cinema – «un’industria formidabile: l’incontro finalmente realizzato dell’arte e dell’industria, del sogno e dell’utensile, dell’immaginario e della macchina» come scrive Edgar Morin – prende corpo la nostalgia, sotto forma di «fenomeno di culto, marchio indelebile sugli individui». L’incredibile spinta propulsiva che ha avuto il settore dell’audiovisivo grazie all’affermarsi delle piattaforme di streaming, ci ha ulteriormente esposti al pullulare di realtà mediali che affollano gli schermi, sovrapporsi di piani narrativi, simboli e archetipi. Tanto più se durante un periodo di emergenza sanitaria in cui l’unica misura di contenimento è stata rappresentata dal lockdown, il confinamento entro le proprie mura domestiche. La pandemia di Covid-19, smuovendo violentemente la psicologia collettiva, ha anche sortito l’effetto di produrre un sovrappiù di nostalgia, ridefinendone i confini: ora si aveva improvvisamente nostalgia dell’appena passato, nostalgia di ieri (non più di un tempo più o meno remoto). Il carattere emergenziale della grave situazione venutasi a creare ha disorientato tutti, meno che la serialità televisiva, dove è stato possibile rintracciare una durata, un senso di progressione: dopo questo episodio un altro, e un altro ancora…

La storia della ‘nostalgia’, nella sua accezione terminologica, è relativamente recente. Risale al 1688, quando lo studente svizzero Johannes Hofer pubblicò la sua tesi di medicina intitolata Dissertatio Medica de Nostalgia. È un composto di due vocaboli greci, ‘nostos’, ‘ritorno in patria’ e ‘algos’, ‘dolore o tristezza’. Il carattere composito del termine contribuisce a chiarire la malleabilità o duttilità del materiale di cui stiamo trattando. È possibile costruire nostalgie ed è possibile essere costruiti dalle nostalgie. Ciò si verifica perché seppure il vocabolo sia di recente formulazione, la definizione di un tempo ‘altro’ – un’età dell’oro antecedente, rispetto alla quale definire il tempo presente – è una caratteristica imprescindibile dell’homo sapiens, il cui sistema di pensiero non può non rappresentarsi a partire da una spaccatura originaria, dove dovette prodursi uno iato in grado di esprimere una forma definita, isolata rispetto al resto. Questo ‘scarto’ altro non è che la possibilità di distinguere un ‘prima’ e un ‘dopo’, inscrivendo così gli eventi entro un orizzonte di senso. Ci troviamo qui in un punto molto delicato della trattazione, che è bene osservare ricorrendo ai rilievi dell’antropologia. Il mito dell’età dell’oro narrato da Esiodo non è proprietà esclusiva della tradizione occidentale. Secondo il mito cosmogonico della cultura Kassena (Ghana e Burkina Faso), descritto dall’antropologo Gaetano Mangiameli: «all’origine del mondo c’è una gigantesca calabash cosmica. Il processo della vita inizia quando la calabash inizia a spaccarsi, ed è proprio dalle spaccature che si generano le varie forme di vita, via via che l’unità si frantuma in porzioni difformi». Questa profonda immagine si avvicina molto al fondamentale concetto greco di caos, χάος che contiene la stessa radice χα – dei verbi χαίνειν, χάσκειν, «essere aperto, spalancato» – visivamente: «lo spalancarsi, nell’atto di spalancarsi». Ma c’è dell’altro, infatti il mito Kassena prosegue: «Gli esseri umani traggono origine dalle spaccature come le altre forme di vita, e se le differenze tra gli esseri viventi sono più o meno evidenti, il legame con la polpa della calabash cosmica da cui tutti traggono origine è il fondamento della comunanza tra gli esistenti». Questo concetto di ‘comunanza tra gli esistenti’ è meno marcato nelle tradizioni occidentali, dove ha prevalso l’accentuazione della differenza, poi tradottasi in disegno divino, capace di contenere in nuce le forme già organizzate.

Villaggio Kassena

Tuttavia ogni paradiso perduto agisce nella direzione dell’integrazione – ogni essere umano conviveva con la natura e il divino in uno stato di quiete ed equilibrio, poi vi fu il decadimento e la separazione. Ecco spiegata la nostalgia, dunque, un sentimento della perduta integrità originaria, quel senso di continuità che è andata scomponendosi mano a mano. La nostalgia vorrebbe annullare la frammentazione che si è prodotta all’interno del proprio sé, costretto a reagire a stimoli esterni per affermare di tanto in tanto la propria esistenza. Qui entriamo nel dominio della psicologia, e cominciamo a notare come l’analisi della nostalgia ci ha consentito di condurre un passaggio armonico entro nuclei tematici importanti; è proprio la sensazione che si avverte leggendo il testo di Lucrezia Ercoli, dove si passa agilmente da iconiche sequenze cinematografiche, ai punti nevralgici dei paradigmi concettuali che nutrono e rendono fruibili quelle stesse esperienze estetiche. Consentendo inoltre di intravedere i sottili meccanismi di marketing che si producono in determinati contesti storici e sociali. Bastano brevi accenni per palesare un paesaggio di cui è bene essere spettatori consapevoli. ‘Frammentazione’, dunque, rispetto alla ‘continuità del sé’. Sono gli strumenti concettuali forniti dal celebre psicologo britannico Donald W. Winnicot che, nel lavoro sullo sviluppo infantile (Gioco e realtà, trad. Giorgio Adamo e Renata Gaddini, prefazione di Renata Gaddini, Roma: Armando, 1974), individuava in due momenti cruciali la possibilità di crescita del bambino: o la stabilizzazione del sé, nel senso della continuità – garantita dalla madre sufficientemente buona, in grado di adattarsi ai bisogni del bambino, lasciando che gradualmente si verifichi la fase di transizione da una dipendenza totale (simbiosi) con il genitore, verso la progressiva indipendenza – oppure la tormentata frammentazione dell’esistenza – prodottasi a partire dal bisogno precoce del bambino di reagire agli stimoli esterni (a causa di svariate contingenze), annullando le possibilità di individuazione. Ciò credo che rappresenti un punto di congiunzione tra il versante più filosofico del sentimento della nostalgia (vale a dire la storia della configurazione concettuale del sentimento e le sue conseguenze più importanti) e il versante per così dire più economico e sociale della nostalgia (che si declina in prodotto cinematografico, capo di abbigliamento od oggetto di design). In mezzo immaginiamo un ponte rappresentato dalla psicologia. Scrive Lucrezia Ercoli: «Il confine tra la nostalgia come patologia psichica che spegne la speranza e la nostalgia come stato d’animo transitorio necessario per affrontare una separazione è labile e sfumato. Come ha scritto lo psichiatra italiano Eugenio Borgna, ci sono infinite figure della nostalgia, ‘nostalgie che fanno vivere, e nostalgie che fanno morire’».

Nella nostalgia, cogliamo uno dei principali sintomi della crisi: di fronte all’esigenza imminente di un cambio di passo possiamo essere paralizzati dalla nostalgia, che ci vorrebbe ancorati a un passato idealizzato, oppure possiamo superare la vertigine del futuro incerto cui volgiamo il nostro sguardo – una voragine a rovescio: non più quella da cui proveniamo, ma quella che ci aspetta dinnanzi, pronta a risucchiarci – sentendoci attraversati da una nostalgia riflessiva, che rafforza le nostre radici e ci apre al futuro. Per uscire da questa stasi occorre dunque una nostalgia che non punti al passato (orizzontale), che non sia affidata a -byte di memoria esterni, ma che agisca nel senso della profondità (verticale), una ‘nostalgia incarnata’ – per usare un’espressione cara agli sviluppi dell’antropologia quanto alle filosofie della percezione – in grado di generare fiducia nel proprio vissuto, riconnettendo così al proprio passato individuale. L’opportunità è quella di riuscire a interagire con il presente, ma ciò è possibile solo in virtù di un rinnovato senso di continuità dell’esistenza. L’industria dello spettacolo sembra inserirsi in questo contesto (difficile e complesso), colmando il bisogno di nostalgie costruite ad hoc per un pubblico di consumo che per sua natura è frammentario e spezzettato. Le isole di gratificazione per le quali girovaghiamo, gravitano proprio intorno all’acquisto di merci per bisogni momentanei – all’opposto dunque di quella continuità che segna i contorni dell’esperienza autentica. A questo punto l’identità stessa è un’impalcatura pericolante, tenuta insieme dall’ultima novità sul mercato, dalla nuovissima serie targata Netflix, dalla foto con più like del personaggio più in voga. La nostalgia stessa rischia di diventare la voragine, annientando le spinte di futuro che si producono approfondendo lo spazio dentro di noi e intorno a noi – generando alternative. Questa è solo una delle molte aperture verso cui si dirige il saggio di Lucrezia Ercoli, facendo dello sguardo filosofico uno strumento accessibile per orientarsi entro il campo dell’immaginario popolare, così da ricavarne preziosi fermo immagine, da far poi dialogare con i temi più sentiti dell’attualità. Lavorando sulla nostalgia e sui molteplici sensi di passato che essa sottende si può decostruire la nozione astratta di ‘futuro’, come di un qualcosa che sta là, da qualche parte ed è definibile solo in termini di obiettivi, di target. Il futuro, ben lungi dall’essere un bersaglio colorato al quale mirare, appare adesso come una possibilità concreta, del presente: il futuro è un’alternativa rispetto alla strada maestra già tracciata, e che tutti abbiamo sotto gli occhi: quella dell’annientamento dell’ecosistema, dello sfruttamento intensivo delle ultime risorse rimaste, della concentrazione della ricchezza. E credo che si abbia già una profondissima ‘nostalgia delle alternative’ che non si sono ancora potute realizzare. Ecco! Ci siamo imbattuti in un inaspettato risvolto della nostalgia, che possiamo così trasformare in ‘desiderio di futuro’.

nostalgia
Illustrazione di Edoardo D’Amico ©

Crediti fotografici
Luigi Ghirri, Lido di spina, 1974 © Succession Luigi Ghirri

categorie
menu