Comma 22

Ogni parola è un destino che agisce. Tre note per Victoria Amelina



Vika Amelina – che in un lapsus tecnicamente imperdonabile il presidente della fondazione Bellonci in diretta TV durante la cerimonia del Premio Strega ha definito ‘russa’, che è un po’ come chiamare Anna Frank ‘nazista’ – non è stata solo una scrittrice e poetessa di grande talento.
Non è stata soltanto una preziosa testimone dell’invasione russa in Ucraina, e infaticabile organizzatrice di cultura nell’Est del paese, che nella vulgata di tanti italiani ‘ma dateglieli questi territori’: in una cittadina vicina a Bakhmut chiamata Nju-York, aveva fondato il New York Literary Festival.
Non è stata solo un ponte vivente tra il cosmo globale e il microcosmo della lotta di libertà e democrazia Ucraina, una lotta contro un nemico colonizzatore e imperiale, per fare del più largo paese dell’Est Europa una democrazia compiuta dove prosperino i diritti civili, la libertà, le minoranze.
Vika Amelina è stata anche una figura multidisciplinare, proveniente da una formazione scientifica, con una laurea in computer science, in virtù della quale ha lavorato come dirigente in un’azienda tecnologica.
Vika Amelina è stata soprattutto Victoria Amelina, un nome bellissimo e completo e pieno di echi, soprattutto da quando il suo corpo è stato colpito mentre era al ristorante durante uno dei tanti attacchi ignobili operato dallo stato terrorista (non lo chiamo ‘Russia’ da quando è morta lei). Così il New York Times ha dato la notizia della sua morte, fornendo anche sommariamente alcuni cenni sulla sua vita e sul perché la sua vicenda è particolarmente significativa per la cultura letteraria del paese: «La morte di Vika Amelina ha portato a 13 il numero di civili uccisi nell’attacco al ristorante Ria Lounge, nella città di Kramators’k, il 27 giugno 2023. Vika Amelina stava cenando con una delegazione colombiana quando un missile ha colpito il ristorante. Nata a Leopoli, Amelina era molto conosciuta in Ucraina per i suoi romanzi, libri per bambini, poesie e saggi. Dopo aver pubblicato il suo primo libro nel 2014, l’anno successivo ha lasciato un lavoro nel settore informatico per dedicarsi completamente alla scrittura. Aveva ricevuto premi e riconoscimenti per il suo lavoro. Nel 2021 ha vinto il premio letterario Joseph Conrad Korzeniowski, assegnato ad autori ucraini under 40».

Victoria Amelina

1. Fare le notizie. Frammento in diario in omaggio a Vika Amelina

Maggio 2022. Lungo la rotta ferroviaria tra Kyiv e Przemysl, in Polonia, sedici ore di attese e rituali e cartoni animati ucraini proiettati sullo schermo della prima classe senza soluzione di continuità, abbiamo conosciuto un volontario militare americano. Aveva la divisa di tutti gli altri militari Ucraini, ma oltre al patch con la bandiera gialla e blu spiccava qualche centimetro più in basso, sul braccio sinistro quella a stelle e strisce. Inoltre, in un mosaico acustico di parlata slava, emergeva chiaro e roco e rotondo, quasi grasso, l’accento di uno stato del sud, forse dell’ovest. In effetti proveniva dall’Arizona.

‘Sir?’
‘Hi.’
‘Siamo qui per una missione diplomatica culturale, diciamo così, abbiamo sentito mentre parlava e avevamo voglia di fare due chiacchiere in inglese, non è che lo parlino in tanti qui.’
‘Più di quanti si pensi, in realtà, sapete?’
‘Ah, certo, si. È tanto che è qui?’
‘Sono arrivato dopo il primo mese di guerra.’
‘È un militare Usa?’
‘No no, sono solo un volontario, sono venuto ad arruolarmi come foreign fighter, mi sembrava l’unica cosa giusta da fare, dalle mie parti tutti sanno usare un’arma, in più sono stato nell’esercito quindi ho pensato di poter esser utile come istruttore sul campo.’
‘Si è fatto male.’
‘Si, il pollice e un tratto della mano, per questo torno a casa, magari poi tornerò ma per ora basta così.’
‘Posso chiederle cosa pensa che succederà?’
‘Come andrà dice? Beh, l’Ucraina vincerà di sicuro, ma ci vorrà molto tempo, sarà una cosa lunga, due o tre anni almeno. I russi sanno aspettare.’
‘Siamo stati vicini a Bucha. Quello che hanno fatto è inconcepibile.’
‘Sono marci dentro. E soprattutto sparano, sparano, sparano finché hanno munizioni. Tra l’altro non credo nemmeno che vogliano volontariamente mirare ai civili. È che sbagliano sempre mira, e a volte ci vanno di mezzo i civili. Voglio dire, sparano nel mucchio, una cosa senza senso. E poi il modo in cui trattano i soldati, allucinante. Per questo diversi di loro passano dall’altra parte.’
‘Davvero?’
‘Beh uno l’ho conosciuto io. Non ce la faceva più. Materiale obsoleto. Zero preparazione. Atmosfera irrespirabile. Lui si è consegnato agli Ucraini proprio perché era meglio rischiare di finire prigioniero dagli Ucraini che stare nelle fila di un esercito così devastato.’
‘Cosa cambierà le sorti? Nuove armi?’
‘Beh, appena arriveranno le macchine da artiglieria M777, cambia tutto. Sono probabilmente la cosa più letale messa a punto dall’esercito americano oggi, parlando di macchine di terra. E poi è la tecnologia a cambiare il gioco. Usano i mortai e le unità di artiglieria collegate con l’iPad, così da poter sparare tutte insieme e con una precisione impensabile prima. Questa è roba grossa. Più ne arriva, più la vittoria si avvicina. Questa è la realtà.’
‘Ha avuto paura in queste settimane?’
‘Certo. quelli sparano senza sosta. Una volta si avvicinavano di dieci metri alla volta. Eravamo due americani e un ucraino, più l’interprete. A ogni avvicinamento, restavamo in posizione. Ma a un certo punto abbiamo dovuto raggiungere il bunker: un luogo assurdo, un vecchio strip club, sotterraneo, vicino a una fabbrica dove mettono a posto gli scuolabus, quelli gialli brillanti, che portano i bambini a scuola. Assurdo. È pesante quando ti buttano addosso tutta quella roba. Il mio amico americano ha avuto una ferita importante alla schiena, roba difficile. Non sono soldati organizzati, non puntano a obiettivi strategici. E poi ci sono i ceceni. Dio, i ceceni sono belve. Alcuni sono anche passati pure loro dalla parte opposta.’
‘Intende dire che ci sono ceceni che combattono per l’esercito ucraino?’
‘Certo. Anche loro odiano i russi. Gli altri, quelli che stanno con i russi, è perché non hanno scelta, o quello o morire. Ma c’è chi si butta dall’altra parte.’
‘E truppe regolari americane ce ne sono?’
‘Sicuro. Magari non alla luce del sole. Ma io li riconosco. Da come parlano.’
‘Da cosa si fanno passare?’
‘Cose umanitarie. Giornalisti. Ma io lo so che nono sono giornalisti. Non sono qua per dare notizie. Sono qua per farle.’

Victoria Amelina

2. L’Ucraina sarà. Frammento in prosa in omaggio a Vika Amelina

Stavo pensando all’Ucraina nella notte tra sabato e domenica, durante la Pasqua cattolica del 2022. Stavo ascoltando il Parsifal su radio3, che purtroppo passa ancora troppi compositori russi e un numero non abbastanza alto di musicisti ucraini. Quella sera avevo visto una sensazione chiara è inspiegabile: che l’Ucraina è il ‘puro folle’ del nostro mondo, il Parsifal della nostra Storia.

L’Ucraina sarà.
La cultura ucraina esisterà.
Il tentativo di cancellare un’intera cultura si tradurrà in una resurrezione.

Non è un caso che venga in mente Wagner: perché la cultura è una fornace trans-storica di artefatti simbolici, che sconfinano nella geografia dei conflitti e del tempo. È anche perché le gesamkunstwerke o opere d’arte totale sono un bellissimo modello per ciò che la cultura di oggi e domani dovrebbe essere: un rifugio all’aperto per idee, produzioni, commissioni per la cultura ucraina di oggi, pronte per essere proiettate nel tempo futuro. Musica, architettura, teatro, cinema, arti visive, letteratura, danza – tutto è accolto sotto il tetto di questo rifugio all’aperto: non un singolo spazio fisico, ma una sequenza di fioriture. La cultura ucraina sarà.
Ha senso il concetto di “rifugio all’aperto”?
Ci sarà un tempo in cui l’Ucraina sarà libera, intatta, serena.
Ci sarà un tempo in cui la cultura ucraina farà parte di ogni essere umano che ha a cuore la vita e la democrazia, come un frammento di diamante dell’arsenale pacifico di questo essere umano.
Ci sarà un tempo in cui il nostro Parsifal europeo si libererà dei Klingsor che minacciano questo popolo che vuole essere europeo e liberarsi da un giogo coloniale sia in politica che nella cultura. C’è un principio spirituale, per così dire, in questa vicenda, ed è lacerante vedere che tanti intellettuali progressisti in Italia non ne colgano la potenza e verità e necessità. Restando in metafora, si tratta di un autentico frammento di Graal, un’utopia a portata di braccio (vien da pensare che in inglese braccio si dice arm, e talvolta nelle segrete corrispondenze tra le lingue si nascondono indicazioni su come agire): la possibilità pratica che cinquanta milioni di persone in più vivano come vogliono vivere, in libertà e democrazia.

Victoria Amelina

3. Coda

Ecco una delle poesie più note scritte da Vika dopo l’invasione. Si intitola Sirene, e credo ci sia una tradizione italiana dall’ucraino, ma questa è la mia versione a partire da quella in inglese sull’originale, di Anatoly Kudryavitsky:

Sirene antiaeree in tutto il paese
Sembra che tutti vengano portati fuori
Per l’esecuzione
Ma solo una persona viene presa di mira
Di solito una che sta vicino ai margini
Questa volta non sei tu; tutto libero

Non dimentichiamoci che il nome di Vika Amelina è Victoria Amelina.
Victoria. Non bisogna aver paura di una parola quando sconfigge il Male. Victoria sarà sempre, amici italiani di sinistra: uscite dal Ventesimo secolo, capite finalmente che per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale gli USA sono integralmente e finalmente dalla parte giusta della Storia, e venite a dare il vostro contributo.
Ogni parola è un destino che agisce. Amelina aveva il nome perfetto. Ogni braccio è un’arma che scrive.