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Contro ogni tabù. Miss Stress di Anita Dadà



Si apre con una citazione da Lucio Dalla, il libro di Anita Dadà, Miss Stress, edito da Fandango. Un verso da Disperato Erotico Stomp, la canzone più sessualmente esplicita del Dalla irriverente, un brano che, come il libro di Dadà, celebra la gioia degli amplessi, l’euforia dell’erotismo, anche di quello solitario, onanistico, auto-indotto.

Il testo della canzone fotografa un uomo – Dalla stesso con ogni probabilità –  che, dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, gira per le strade di Bologna, poi torna a casa, corre per le scale, si cala le mutande e si masturba guardando una stella.
Il tono licenzioso del brano pare nascondere una denuncia velata eppure efferata contro un certo moralismo di sinistra e una classe politica tutta, che infarcisce i propri proclami con accenti rigoristi, censòri.

Succede più o meno la stessa cosa in Miss Stress. Premessa: lungi da chi scrive fare parallelismi azzardati e fuori luogo tra Dalla e Dadà, che, al netto delle assonanze onomastiche, hanno poco a che spartire l’uno con l’altra. Ma, in effetti, la potenza del libro di Anita Dadà, fotografa e body perfomer ancor prima che scrittrice, risiede nell’evidente capacità di sfidare un certo bigottismo. E non solo: se c’è un merito in questo libro, è quello di scrostare dalla narrazione del sesso quell’alone di torbidezza e sudiciume, di sporcizia e oscurità che lo spinge sempre ai confini dell’indicibile e del giudicabile.

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Ambientato sotto il cielo di Roma, di notte, Miss Stress racconta le vicissitudini di Viola, sex worker e dominatrix, e dei suoi clienti. Ma soprattutto chiacchiera di sesso con impudicizia e irriverenza, descrive i rapporti senza cedere alla retorica vanilla a cui siamo abituati. In questo esordio, che strizza l’occhio al blogging e ai neo-movimenti sex-positive, la protagonista, una Carrie Bradshaw 3.0, più che raccontare il sesso, lo fa. Non esiste filtro narrativo, non esiste una lente o un diaframma da interporre tra il reale e il finzionale. Tutto è narrato per come accade, per come accadrebbe oltre le pagine.

Viola racconta dei suoi clienti, dei suoi schiavi, dei rapporti che intrattiene con loro e a volte addirittura dei sentimenti: fastidi, attrazioni, psuedo-innamoramenti. Ma prima di tutto, racconta il mondo dei feticismi, del sesso inenarrabile, obliquo e fantasioso. I clienti di Viola si dedicano alla findom – la dominazione finanziaria – e cercano umiliazione fisica, ma soprattutto psicologica da parte della loro ‘dominatrice’. Altri pagano per vestirsi da donna ed essere declassati, svergognati, avviliti. Non necessariamente da un punto di vista fisico, non vogliono essere penetrati né ricevere pratiche sessuali particolari. Vogliono fare un balzo al di fuori di sé, sperimentarsi diversi nel mondo, cambiare pelle e cervello, abbandonare le sovrastrutture, gli obblighi autoimposti, le leggi socio-morali, i ruoli di genere. Vogliono giocare con il corpo e soprattutto con la psiche e godere di questo gioco, godere della sperimentazione, della conoscenza di sé, dei propri abissi, delle proprie vulnerabilità. Altri godono, sessualmente in questo caso, allo scoppiare di palloncini. Si chiamano looner, sono i feticisti che si eccitano al gonfiare e sgonfiare lattice. Ci si strusciano e poi li scoppiano, perché allo scoppio corrisponde il coito, l’apice, l’eiaculazione. E poi ci sono i feticisti adoratori dei piedi e gli appassionati di BDSM. In mezzo, il racconto di una relazione disfunzionale e tutta la complessità dei rapporti umani, specie sentimentali.

Anita Dadà

Se dicessi che questo libro è un testo dal valore letterario inestimabile, mentirei. Il suo pregio non sta nella forma o nella postura autoriale, nella prosa o nella ricchezza della lingua. Le sue qualità, a dire il vero, non risiedono neanche nella gestione della trama o dei personaggi. Semmai nell’immaginario creato, nel coraggio di farsi portavoce di una contro-narrazione della sessualità e del piacere. Miss Stress tratta il desiderio erotico (e non solo) in modo autentico, sfrenato.

Anita Dadà racconta il sesso da prospettive inedite, da angoli nascosti sotto a quintali di parole, pensieri e pregiudizi. Il sesso in questo libro è sinonimo di sperimentazione, un esercizio di immaginazione e fantasia, una possibilità – una delle poche rimaste – di sconvolgere gli equilibri, capovolgere qualsiasi ruolo, qualsiasi schema. Crediamo tutti di essere liberissimi, specie durante gli amplessi, eppure è proprio il sesso che spesso ci costringe in nuove gabbie. Raccontare di sesso, dunque, contro-scriverne, significa accendere un lume sul sociale e sugli effetti che ha sulla nostra psiche, sui nostri corpi.

Il sesso può essere un tiranno, perché può essere abusante, abusivo, non consenziente, limitante, asfissiante. E invece qui, tra le pagine di Miss Stress, schiavi e dominatrici si scelgono per darsi piacere, si rispettano e non si giudicano, assecondano i limiti altrui e, forse sì, lavorano davvero per essere liberi.
In un Paese sessuofobico come il nostro, ancora legato a una sessualità preistorica, stereotipata e patriarcale, un libro come questo fa comunque rumore.

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