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Un libro per domani. Le voci dell’editoria indipendente

Nel fittissimo panorama delle case editrici italiane, la più ampia fetta del mercato è composta da realtà piccole e medie, che mandano in stampa meno di dieci titoli all’anno. Si tratta nei fatti di un sottobosco vivacissimo, brulicante, nel quale il contatto tra autore ed editore si rinsalda, e la storia viva del libro in carne ed ossa assume le forme del viaggio su ruote, degli scatoloni spostati a mano, della vita sotto i tendoni delle fiere.
Un mondo, quello dell’editoria indipendente, che però spesso rimane sommerso, relegato a piccoli circuiti di appassionati lettori, lontano dai riflettori della stampa che conta e delle librerie nevralgiche dei capoluoghi, ma che trova un accogliente approdo in eventi come la Rassegna della Microeditoria di Chiari, che da 18 anni valorizza e mette in mostra il meglio della stampa alternativa nazionale, come accaduto lo scorso week end dopo laproclamazione, arrivata direttamente dalla voce del Ministro Dario Franceschini, di Chiari a Capitale del libro 2020.

Tra eventi e interviste, centrale in questa tornata inevitabilmente in streaming è stata la decima edizione del Premio Microeditoria di Qualità, il concorso pensato per aiutare i lettori a riconoscere le proposte di maggiore qualità tra i libri presentati dai piccoli editori, attraverso numerosi premi e un marchio che contraddistingue le pubblicazioni che emergono per contenuto e originalità. Un premio, quello di Chiari, che diventa l’occasione per una riflessione a tutto tondo sullo stato di salute dell’editoria indipendente, nell’annus horribilis 2020 che mette a rischio il già precario equilibrio di queste realtà ma che, a giudicare dai volti e dalle voci di questi editori appassionati, non potrà cancellare il lungo percorso delle loro collane letterarie.

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«Siamo nati dieci anni fa ma i festeggiamenti sono rinviati al prossimo anno» racconta Sante Bandirali di Uovonero. «Abbiamo rivolto la nostra attenzione alle difficoltà di lettura che hanno bambini e ragazzi che si trovano in situazioni particolari, soprattutto autistici e dislessici, con una collana di albi illustrati con un testo dotato di simboli che aiutano la lettura, e una per ragazzi più grandi che hanno difficoltà di lettura, con un’impaginazione ad alta leggibilità».
Uovonero si è aggiudicato il premio ragazzi con ilvolume Non è colpa della pioggia di Lynda Mullaly Hunt, che già lo scorso anno era stata premiata per Una per i Murphy, che poi ha vinto il Premio Strega Ragazzi confermando la grande attenzione di Uovonero per il mondo dei più giovani. «Siamo diventati editori perché attraverso un libro si possono raggiungere riflessioni importanti: la lettura costringe a stare sulle cose, mentre altre forme di narrazione se le fanno scivolare addosso. Con un libro si cresce meglio, si impara a leggere presto ed è un piacere che ci accompagnerà per sempre e ci permette di conoscere il mondo. Per questo abbiamo molto puntato sui giovani, gli adulti di domani, senza trattarli da bambini ma piuttosto avvicinandoli a temi importanti, anche scomodi. Quest’anno, ad esempio, abbiamo dato alle stampe un libro illustrato che parla della morte: un volume che nei mesi della pandemia è stato molto apprezzato da chi si è trovato ad affrontare dolore e lutti in famiglia».
Quello dell’editoria assume allora i contorni di una missione ben precisa. «Sentiamo una grossa responsabilità nell’essere un editore. Dobbiamo portare i libri giusti nelle mani dei ragazzi, aiutarli nella crescita, e allo stesso tempo continuare a fare libri che devono essere anche belli esteticamente perché crediamo in questo oggetto. Il mondo dell’editoria è precario a tutti livelli, oggi ci troviamo tutti quanti a lottare. Viviamo in un paese dove i tassi di lettura sono tra i più bassi d’Europa, salvo qualche zona più fortunata; ci sono molte aree del Paese nelle quali non ci sono biblioteche o librerie. Negli ultimi tempi si sta nuovamente dicendo che il libro è un bene importante: mettere al centro la lettura è un fatto anzitutto culturale, senza libri non possiamo costruire il futuro».

Nelle fiere i libri respirano, e in alcuni casi addirittura nascono. «È bello essere premiati in questa occasione, perché proprio qui questo libro è nato» racconta Andrea Settis Frugoni di Barta Edizioni.«Ricordo che Tita Prestini ci portò il manoscritto di La doppia morte della compagna Sangalli proprio qui, presentandosi al nostro banco. La nostra politica è di accettare solo manoscritti in carta, evitando le mail per essere certi che l’autore sia realmente motivato e che ci abbia scelto con criterio. Siamo tre soci, uno di noi legge il manoscritto e se ci piace lo passiamo a un lettore esterno: se piace anche al lettore esterno, il manoscritto torna indietro e lo leggono anche gli altri due soci iniziando di fatto il dialogo con l’autore».
Si lavora a stretto giro, nelle redazioni indipendenti, intrecciando artigianalità e passione. «Tutto ha avuto inizio nel 2013. Lavoravo già nell’editoria, mi trovavo a una fiera e il mio vicino di banco mi ha passato un romanzo per chiedermi un parere. Il libro mi piacque molto e dissi all’autore che, se non gli avessi trovato un editore disposto a pubblicarlo, avrei aperto io stesso una casa editrice per farlo. Così è iniziata questa avventura, con Silvia e Arianna: la casa editrice nasce quindi da un’esigenza personale, siamo lettori prima che editori e il nostro motto è “pubblichiamo solo ciò che ci piacerebbe leggere”. Il privilegio di essere indipendenti è poter fare quello che ci pare, anche di rischiare su autori poco conosciuti. Ci piace moltissimo fare scouting, sia sulla narrativa che sul fumetto, ed essere “piccoli” ce lo permette. È una cosa che per ora facciamo per amore, tutti e tre facciamo altri lavori, in cinque anni abbiamo fatto circa venti titoli. In questi mesi il Covid ha rallentato un po’ il percorso, ma continuiamo a lavorare nella consapevolezza che noi un libro come 50 sfumature di grigio, che pure ha venduto milioni di copie, non lo vorremo mai pubblicare».

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Oltre la logica delle grandi vendite, esiste la logica della qualità, fatta di attenzione e cura alla ricerca di nuovi titoli, italiani o internazionali. Come nel caso di Beisler Editore e del suo Pom e Pim, libro per bambini scritto da Lena Landström e Olof Landström. «Ulrike Beisler è un’editrice tedesca che nel 2002 ha deciso di fondare a Roma questa casa editrice per ragazzi» spiega l’editor e traduttrice Chiara Belliti. «C’è all’interno della redazione un rapporto di grande stima e familiarità, lavorare in una casa editrice come questa ti fa sentire il senso del gruppo, in una squadra in continuo rinnovamento che guarda ai più giovani, coloro che ci insegnano come sta cambiando il mondo. Nel nostro catalogo c’è molta ricerca sulla letteratura nord-europea, perché è giusto comprendere chi sono i nostri vicini di casa: siamo tutti europei ma ci conosciamo poco. Beisler ha vinto un bando europeo per case editrici che traducono in lingue minori: è dunque un editore italiano, che è considerato una lingua minore, che traduce in italiano lingue minori a loro volta».
Un lavoro di riscoperta, dunque, sempre volto alla ricerca di nuove storie mentre tutto intorno il mondo è scosso dagli eventi odierni. «Il Covid è una cosa orrenda, ma io credo che finalmente stiamo recuperando storie molto belle, sia per adulti che per ragazzi, e in questo il libro diventa importante. Le librerie che fanno un reale lavoro diventano un polo, una specie di assessorato alla cultura, e devono riprendersi il ruolo che hanno sempre avuto. Il Covid restituisce forza e dignità a queste persone, ci ricorda quanto siano importanti. Il mondo del libro soffre ma c’è bisogno di rinnovarsi, ce lo chiede la natura, la vita. Alla fine di tutto ciò il libro ci guadagnerà: la carta, che già profuma, profumerà ancor di più. E questo grazie anche alla cosiddetta microeditoria, che in realtà è macro, è un gigante».

In un anno di sovvertimenti e difficoltà, gli editori indipendenti sono un baluardo, una trincea in difesa della lettura. «Resilienza è la nostra parola chiave, oggi» rivela Daniela Mena di Gam Editrice. «Dire “Non faccio più libri” sarebbe una resa in questa situazione. Forse in questo momento fare libri è il tentativo di tenere alta l’attenzione, di mantenere un livello di dialogo nel paese. Abbiamo appena annunciato a Chiari il libro sulla reazione della Brescia cattolica al rapimento di Aldo Moro, e stiamo avendo dei riscontri importanti: i dati dicono che la gente sta andando in libreria, chiedono le novità. Avere dei limiti oggi fa sì che domani avremo più voglia di recuperare ciò che abbiamo perso. Da editore ho la consapevolezza che non possiamo fermarci in questo momento. È chiaramente una forma di resistenza: rischiamo ogni giorno, con degli enormi punti di domanda. Ma la risposta non è fermarsi. Magari andiamo cauti, perché non ci sono le presentazioni fisiche, ma si trovano mezzi alternativi. A marzo ci sembrava difficile, come quando ti muovi nel fango, ma poi ti accorgi che quando sei immerso nel problema riesci ad uscirne, a risolverlo, a trovare le soluzioni adatte. La domanda di libri c’è e ci sarà anche domani, e con questa convinzione andiamo avanti». Così come fa Campi di carta, casa editrice romana. «Siamo nati scommettendo sulla possibilità che un’associazione potesse pubblicare libri grazie al contributo dei soci» spiega il presidente Giovanni Guilla. «Il nostro obiettivo è riuscire a pubblicare chi non ha trovato spazio, chi ha l’esigenza di essere ascoltato e di esprimersi, dalla saggistica alla narrativa, dalla poesia alle favole per bambini. Per noi è un piacere pubblicare libri come Il venditore di ghiaccio o come i volumi di Sante Altizio o Susanna Schimperna, che hanno scelto noi come segno di stima nel nostro lavoro. Fare l’editore per me significa avere tanta voglia di ascoltare le persone, tutti coloro che hanno l’esigenza di raccontare e raccontarsi».

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A lasciare un vuoto, in questi mesi, è l’assenza del contatto fisico, della dimensione dell’incontro, nella speranza che proprio da questo contatto si possa ricostruire un percorso futuro. «Si sente la mancanza delle presentazioni e delle fiere, che di fatto sono il nostro ufficio stampa» prosegue Settis Frugoni. «È una grossa ferita non farle, per noi e per tutti gli editori delle nostre dimensioni. Solitamente ne facciamo oltre 15 all’anno, da “Una marina di libri” a Palermo salendo fino a Chiari, Bookpride o Treviso Comics, perché sono il modo migliore per farci conoscere. Quando chiudiamo una fiera, non ci chiediamo quanti libri abbiamo venduto ma quanti lettori abbiamo avuto. È chiaro che molte cose cambieranno: Amazon è stata neutralizzata dall’ultima legge del libro, e stanno crescendo progetti virtuosi come BookDealer e LibroStore, che creano un ponte tra i piccoli editori e le librerie, mentre mi auguro che possa crescere la sensibilità verso i libri: sarebbe bello se a scuola si stabilisse un’ora di lettura di un romanzo, un’attività sganciata dai voti, solo per il gusto di leggere. Alla fine di questa pandemia il libro ne uscirà ammaccato, ma con una gran voglia di tornare».

Una consapevolezza, quella dell’editoria, conscia dei cambiamenti che stravolgeranno un intero settore. Senza cedere di un passo rispetto alla propria passione. «Siamo orgogliosamente indipendenti, siamo usciti dall’AIE per entrare nell’ADEI, l’associazione degli editori indipendenti» rivela Bandirali. «Continuiamo a lottare ogni giorno per l’editoria indipendente. La nuova legge sul libro è un risultato importante ma la strada è ancora lunga, soprattutto sul versante delle librerie indipendenti contro lo strapotere delle grosse piattaforme. Nutro la speranza che questi cambiamenti ci lasceranno le parti migliori, portandosi via quelle più brutte. Il mondo dell’editoria per ragazzi è un po’ abbattuto, ci mancano gli abbracci che ci scambiavamo alla Fiera del Libro di Bologna, un appuntamento fisso ogni anno. Spero che restino alcune modalità di lavoro che abbiamo scoperto, e il livello di attenzione verso le librerie indipendenti che sono state un baluardo dell’editoria in questi mesi. Mi auguro, soprattutto, che il mercato torni a essere più sereno e che si possa tornare ad andare tutti insieme alle fiere, ai festival, alle presentazioni dei libri, e tornare in libreria con calma a sfogliare i libri con la stessa sensazione di meraviglia» .

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