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A cosa pensano i bambini? Il ricordo di Ian Falconer, creatore di Olivia



Quando mio figlio era piccolo imparò a memoria, ancora prima di sapere leggere e solo a forza di ascoltarlo, l’albo illustrato Olivia, storia di una maialina scalmanata, che è brava a fare molte cose, soprattutto sfinire gli altri, talvolta perfino se stessa.

Un passaggio in particolare lo affascinava.

«Nei giorni di pioggia, Olivia ama andare al museo.
Va dritta davanti al suo quadro preferito [raffigurante delle ballerine di Degas].
Olivia lo osserva a lungo.
A cosa mai starà pensando?»

Mi sono posta la stessa domanda un’innumerevole quantità di volte guardando mio figlio, ancora illetterato, fissare quella maialina, vestita di rosso fiammante, dal naso largo e rotondo e le orecchie enormi e appuntite. 

Nella pagine seguenti, Olivia finisce in punizione perché imbratta il muro di casa nel tentativo di imitare Pollock con la sua tecnica drip painting.

Ian Falconer, autore e illustratore dell’albo Olivia, che riceve la medaglia Caldecott nel 2001 per il migliore libro per bambini, rimane nella lista dei best sellers del New York Times per 107 settimane e vende dieci milioni di copie, è scomparso il 7 Marzo 2023 all’età di sessantatré anni. 

Nel corso della sua carriera, Falconer firma scene e costumi di opere e balletti per le più grandi produzioni del mondo, tra cui il New York City Ballet, la San Francisco Opera e la Royal Opera House. Nel 1996, incontra Françoise Mouly, direttrice artistica della rivista New Yorker, per cui disegna più di trenta copertine contribuendo a rinnovarne l’immagine con il suo umorismo inimitabile e il suo tratto tenero e irriverente. Tra le più note, la copertina del 5 giugno 2000 raffigurante una coppia anziana di turisti americani, con cappellini e magliette arancioni J’❤️ Monet, che si affacciano dal ponte di Giverny sullo stagno di ninfee impressioniste turbandone la bellezza. Oppure quella del 9 ottobre 2000, che, nel corso della campagna presidenziale, riproduce le concorrenti di un concorso di bellezza, rappresentanti diversi stati americani, tutte bionde e plastificate, a eccezione di quella di New York, dallo sguardo affilato, i capelli neri, e un neo sullo zigomo. 

Falconer

Il Natale del 1996, per sua nipote, Falconer crea Olivia, albo illustrato dai disegni semplici in bianco, nero e rosso, la cui protagonista è vivace, fantasiosa, testarda e decisa come la bambina che l’ha ispirata. Un paio di anni dopo, un’editrice di Simon & Schuster cerca un illustratore per un progetto. Falconer declina la proposta, ma le mostra il libro che ha fatto per sua nipote. «Ho ringraziato il cielo. Sapevo che il mio momento era arrivato», ricorda l’editrice. Dopo la pubblicazione dell’albo, la stampa domanda: «Perché una maialina?». «Perché i bambini piccoli hanno la testa sproporzionata rispetto al corpo», spiega Falconer.

Le avventure di Olivia proseguono in una fortunata serie di libri successivi in cui la sua eroina va in vacanza a Venezia dove mangia innumerevoli gelati, e viene inseguita, con le mani piene di mais, da uno sciame di piccioni a piazza San Marco; forma una banda da sola con un fischietto, i coperchi di una pentola, una gruccia di metallo, il tamburo del fratellino e le bretelle del padre; salva un intero circo improvvisandosi domatrice di leoni, giocoliera, pagliaccia, equilibrista, e regina del trampolino; e infine, si trasforma in una spia che si nasconde ovunque per investigare il presunto piano di sua madre di sbarazzarsi di lei una volta per tutte. 

In un’intervista rilasciata al Times nel 2012, Falconer spiega il segreto di un buon libro per bambini: «Non sottovalutarli. I bambini lo capirebbero; comprendere il mondo è ciò che sanno fare meglio». Il successo di Olivia sta proprio nel riconoscere che i suoi lettori sono molto più acuti e intelligenti di quanto non venga loro riconosciuto. Vogliono leggere di personaggi coraggiosi e fantasiosamente vivi come Olivia, non di quelli che cercano di impartire una lezioncina.

Di recente, i libri di alcuni dei più famosi scrittori per l’infanzia sono stati al centro di grande dibattito. Un paio di anni fa, la Dr. Seuss Enterprises, che gestisce il patrimonio dell’autore e illustratore americano, ha sospeso la vendita di sei titoli contenenti immagini ritenute offensive e culturalmente insensibili. Nel libro And to Think That I Saw It on Mulberry Street, per esempio, il personaggio Chinaman ha delle linee come occhi, porta un cappello a punta, e tiene in mano una ciotola di riso e delle bacchette. In If I Ran the Zoo, due personaggi che provengono dall’isola africana di Yerka sono raffigurati a torso nudo, scalzi, e somiglianti a scimmie. I libri di Dr. Seuss in questione sono stati rimossi anche dagli scaffali e dai programmi di studio di diverse scuole pubbliche statunitensi. Nel corso dell’ultimo anno, la casa editrice britannica Puffin Books, che pubblica i libri di Roald Dahl, ha eliminato o sostituito alcuni termini e riferimenti nei testi per renderli più compatibili con le sensibilità attuali. In Charlie and the Chocolate Factory, per esempio, il personaggio Augustus Gloop, uno degli antagonisti di Charlie, non è più “enormemente grasso”, ma “enorme”. In BFG, “man-eating giant” diventa “human-eating giant”; in Matilda, “madre” e “padre” sono sostituiti con “genitori”; e in generale, “attraente” diventa “gentile”, e “nero” diventa “scuro” anche in assenza di connotazioni razziali.

Questo tipo di interventi ha suscitato interrogativi in merito a se e quando le opere di un autore possano essere riviste dopo la sua morte per rispecchiare cambiamenti sociali, e quanto invece delle stesse dovrebbe essere preservato come parte di una testimonianza culturale. Altre critiche sono state rivolte ai promotori di queste revisioni e ai fini che li motivano. Nel caso dei libri di Dahl, per esempio, le modifiche non sono frutto di una riflessione intellettuale ma di chiari interessi commerciali della Roald Dahl Story Company, che controlla i diritti sulle opere e che è stata recentemente acquistata da Netflix per produrre una nuova serie di film basati sui libri dell’autore. 

La questione vera, però, è che i bambini sono molto più intelligenti di tutto questo. «Comprendere il mondo è ciò che sanno fare meglio», diceva Falconer. Censurare la letteratura a loro dedicata per proteggerli da certi temi e illustrazioni significa sottovalutare le loro capacità di vedere, comprendere e contestare, nonché precludere loro di poterle esercitare. A prescindere dalla sua causa e dal suo scopo, la censura tradisce sempre una mancanza di fiducia nei lettori e un paternalismo pericoloso. Del resto, per contestualizzare e precisare alcuni termini e immagini può bastare una semplice prefazione o una nota al testo esplicativa. Consegnare ai bambini storie vere, con tutte le loro colpe e eredità, risponde non solo a un obbligo morale, ma anche legale. La lettura va intesa come uno spazio per i bambini in cui esercitare il loro diritto di partecipare, essere ascoltati e presi sul serio. L’articolo 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo, infatti, riconosce il diritto ai bambini di esprimere liberamente le proprie opinioni su ogni questione che li interessa e di ricevere debita considerazione. Edulcorare e domare ciò che leggono e imparano significa ingannarli e impedire loro di partecipare attivamente al processo cognitivo e immaginativo. Quel processo per noi adulti così misterioso da farci chiedere mentre assistiamo alla meraviglia di un bambino davanti alla pagina di un libro: «A cosa mai starà pensando?».

In una intervista rilasciata nel 2001, Falconer ammette: «È un po’ imbarazzante che dopo tutti questi anni in cui ho lavorato così duro per dipingere e disegnare, verrò ricordato per questa maialina». Tuttavia, aggiunge: «Ci sono cose peggiori che possono capitare». 

Falconer



Immagine di copertina: serie di copertine di Olivia, di Ian Falconer

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