«Il problema di Helga Prato con le persone era che confondeva i narratori con gli autori, e questi a volte con i personaggi»
È un’abitudine, quella di Helga, in cui può incappare un qualunque lettore di Vantaggi di viaggiare in treno di Antonio Orejudo (Polidoro editore). In questo romanzo composito, narratori e protagonisti tendono a confondersi e sovrapporsi di continuo, e laddove si ritiene di aver sbrogliato la matassa interviene un nuovo gioco di voci.
![vantaggi di viaggiare in treno](https://www.liminarivista.it/wp-content/uploads/2022/08/9788885737631.jpg)
Perché si comprenda la materia letteraria che si ha tra le mani, basti sapere che Helga Prato è una donna che, dopo aver lasciato suo marito in una clinica psichiatrica, si appresta a viaggiare in treno, appunto. Il casuale estraneo che le siede in prossimità – è evidente – è uno di quei tipi che tende ad attaccar bottone con chiunque gli capiti a tiro; le si rivolge, quindi, con una di quelle domande che non si possono prendere sul serio, specie se a pronunciarle è un perfetto sconosciuto: «Vuole che le racconti la mia vita?»
Difficile supporre cosa si nasconda dietro questo interrogativo, a che fine è stato posto e, soprattutto, chi sia l’oratore. Non un timido, probabilmente, perché si spenderà senza troppi convenevoli nella narrazione della propria storia. È in effetti, si scoprirà subito, uno psichiatra della clinica cui Helga ha affidato il proprio paranoide consorte. Un uomo d’esperienza e d’avanguardia, lontano dalle pratiche ormai desuete dei colleghi. E proprio del suo lavoro e dei suoi pazienti parlerà a Helga.
Se fin qui la trama appare incerta e poco sorprendente, ciò che sta per accadere sulla pagina non è prevedibile in alcun modo. Inizia qui la Storia (o sarebbe meglio dire le storie di questo libro). Da adesso in poi, si tenderà a intercambiare realtà e finzione con una facilità disarmante: ognuna delle storie potrebbe essere credibile o completamente assurda, a seconda del momento in cui la si legge.
D’altronde, ogni menzogna può essere plausibile se sostenuta da fini operazioni narrative, è la letteratura a insegnarcelo: Orejudo prende questo invito e lo fa proprio con il suo romanzo. Non solo: allarga il raggio di azione: se posso farlo io, autore, può farlo Helga Prato, il mio personaggio; e se lo fa Helga, può farlo lo psichiatra del treno Ángel Sanagustín con la storia del paziente Martín Urales de Úbeda, un ex soldato diventato paranoico che vive in una casa sommersa di rifiuti a Galapagar; e ancora.
In questo tentativo (riuscitissimo, va detto), si staglia l’iperbolica e psicotica natura umana, tra i suoi eccessi di pensiero (e di azione) che sanno manifestarsi fluidamente. L’autore cede spesso, e con garbo, il passo a Sanagustín senza grosse cerimonie, foraggiando un flusso inarrestabile ma anche caotico. È l’effetto scatole cinesi, o – per i meno pretenziosi – come quel motivetto che tutti hanno ascoltato almeno una volta da piccoli: «Alla fiera dell’Est, per due soldi un topolino mio padre comprò». Così come nella canzone di Branduardi venne il gatto che si mangiò il topo; e poi venne il cane e così via, anche in Vantaggi di viaggiare in treno ogni storia contiene il germe della precedente e della successiva, e il format potrebbe proseguire a oltranza come per costruire un romanzo senza fine.
Se la sindrome paranoide potrebbe non essere così disturbante perché ormai anche vivere è una masochistica forma di disturbo psicotico, allora la magistrale messa in scena di Vantaggi di viaggiare in treno è tanto più riuscita. Questo romanzo non si esaurisce, però, nel pur soddisfacente manifestarsi della psicosi umana, arricchita da raccapriccianti dettagli di pratiche sessuali imposte ai propri coniugi, o di complotti mondiali a opera di operatori ecologici. No. Ojeruda non risparmia al lettore una neppure tanto velata critica alle dinamiche editoriali. Nella commedia che la società di questo millennio quotidianamente interpreta a gran voce, anche i preziosissimi libri che vengono osannati come capolavori della letteratura contemporanea altro non sono che mere operazioni di marketing.
E mentre la comunità intellettuale si autocompiace della propria incompetenza, senza urlare allo scandalo, Orejudo mette nero su bianco la verità nuda e cruda: è tutta una menzogna e le cosiddette fini operazioni metaletterarie di un certo valore, se analizzate, svelano la loro natura.
Così, se Helga Prato, che nel romanzo è un’agente letteraria, ha l’idea di inserire niente poco di meno che la pubblicità all’interno di un libro, questo diventa immediatamente una fattispecie di sperimentazione artistica a cui l’inerme autore finisce per credere a sua volta. E, talmente è labile il confine tra realtà e finzione, che anche il lettore – solo per un momento, attenzione a non scambiarlo per uno sprovveduto qualunque – potrebbe dirsi sottovoce che “Sì, in effetti tutto questo ha del genio”, con la silente ammissione di aver iniziato a giocare al gioco avviato da Orejudo.
Tra un sense of humour che, con le dovute diversità, potrebbe ricordare quello del Franzen delle Correzioni e strutture narrative stratificate vicine alle novelle di Miguel de Cervantes, Vantaggi di viaggiare in treno è un’esperienza di gran lunga superiore a qualunque percorrenza a bordo di una carrozza che si muove su rotaie.
In copertina immagine di Sociologicamente.it