Il boia di Brescia di Hugo Ball
Comma 22

Tra passione ed estasi. Il boia di Brescia di Hugo Ball



«Allor che il grido di dolor della mandibola t’ha divelto i denti,
anche uno scroscio d’oro è caduto tra i pilastri del cielo».
Hugo Ball, Il boia

Hugo Ball è un personaggio a cui non siamo più abituati, un’artista che non ha paura di venire frainteso né tantomeno di essere compreso troppo facilmente. Un creativo capace di onorare il passato senza però vivere in esso, un innovatore che sarebbe peccato licenziare solamente come uno dei fondatori del dadaismo e un eccezionale autore di poesie sonore.

A differenza di quanto si creda, una delle prime passioni di Hugo Ball è il teatro. Sono i primi anni del Novecento quando, poco più che ventenne, viene attratto dal concetto di arte totale di Wassily Kandinsky e, sperimentando, comincia a adattarlo agli studi di regia condotti con Max Reinhardt. In quel periodo di grande fervore artistico scrive lo spettacolo per marionette Il viaggio del diavolo sulla terra, il dramma storico Nerone e la tragicommedia in versi Il naso di Michelangelo.

Alla vigilia del primo conflitto mondiale Ball si presta ancora una volta al teatro e, tra tumulti nazionalisti e adunate di fanatici, scrive, nemmeno trentenne, Il boia di Brescia. Ne riesce a pubblicare il primo atto nel marzo del 1914 sulla rivista Die Neue Kunst e, proprio nello stesso periodo, come testimonia il suo diario, vaglia una nuova idea di arte teatrale, capace di rappresentare passioni sconvolgenti, ma avallate da una commistione di linguaggi che, in parte, anticipano il teatro della crudeltà di Antonin Artaud.

A differenza di Il naso di Michelangelo, unica opera che verrà rappresentata quando Ball era ancora in vita, Il boia di Brescia ha certamente una storia editoriale più travagliata. La prima versione integrale della pièce viene pubblicata negli anni Novanta, recante il sottotitolo Tre atti tra passione ed estasi, forse suggerito dalla moglie Emmy Hennings dopo la morte dell’autore avvenuta alla fine degli anni Venti. In realtà Ball già al momento della prima pubblicazione parziale l’aveva definita semplicemente una commedia in tre atti, denotando un certo gusto per il grottesco. In questo senso, la prima traduzione italiana (Fara Editore, 2023) ha voluto rendere omaggio a entrambe le versioni riportando la dicitura Commedia in tre atti tra passione ed estasi.

Con quest’opera, forse più che nelle precedenti, Ball diventa un esponente dell’espressionismo, percorrendo la strada già aperta da Oskar Kokoschka nel 1907 con Assassinio, speranza delle donne. D’altro canto, per parafrasare Ferruccio Masini, l’espressionismo è una rivoluzione elementare. Una negazione dell’io che riporta a una semplicità dell’esistenza, dove l’autore e il suo lettore sono restituiti a un mondo panico, primordiale. In Ball l’atto poetico si manifesta scandagliando energie che per la maggior parte degli scrittori sono perlopiù latenti o addirittura represse. Riesce a canalizzare la violenza, l’azione sconsiderata e prevaricante della sua epoca in un processo artistico tanto ironico quanto critico. Perché Il boia di Brescia ha un senso profondo, rinvenibile soprattutto nella scelta del soggetto e nella sua disamina della contemporaneità anche grazie alle influenze psicanalitiche.

La pièce riprende la trama del romanzo storico Il bordello di Brescia del 1909 di Karl Hans Strobl, autore molto prolifico nei più svariati generi letterari. Fervente nazionalista e poi convinto sostenitore del nazismo, Strobl verrà dimenticato per decenni e ripreso solo successivamente, per la sua produzione fantascientifica. Tra gli anni Dieci e Venti, comunque, godeva di grande consenso e i suoi libri erano successi di pubblico e critica tanto che il suo Bordello di Brescia venne adattato anche per il cinema nell’omonima pellicola del 1920 di Hubert Moest. Un soggetto che, a sua volta, si basa su fatti storici realmente accaduti e riferibili all’assedio di Brescia del 1311 a opera di Enrico VII, quando le truppe tedesche invadono l’Italia settentrionale per domare i comuni guelfi e giungere a Roma per l’incoronazione. Una delle prime città ostili all’ascesa del monarca è proprio Brescia, guidata dal capitano Tebaldo Brusato. Seguono mesi di assedio, fino a quando, nel settembre del 1311, la città cede e l’esercito di Enrico fa strage della popolazione bresciana. Certamente Strobl vedeva in questo evento storico un movente interessante per alimentare il nazionalismo prebellico e affermare ancora una volta le sue convinzioni in ambito sia artistico che politico.

Convinto pacifista e anarchico, Ball, invece, compie il percorso inverso: prende la storia di Strobl, di cui alcuni elementi l’avevano certamente affascinato, e la adatta alle sue esigenze. Non c’è più la contrapposizione dei popoli, l’idealizzazione del conflitto, l’onore e il valore; in Il boia di Brescia c’è solo il turbamento interiore, la scissione dell’io. Il titolo non si focalizza più sull’edificio dove avvengono i crimini efferati, ma pone al centro il suo protagonista, il boia Luigi. Come in Strobl, i bresciani durante un’imboscata riescono a rapire la regina Margherita con alcune sue ancelle, tra cui la principessa Roswitha. Le donne verranno rinchiuse in un bordello le cui fattezze ricordano più un monastero; segregate in celle, sono costrette a subire i soprusi del boia e delle altre prostitute. Margherita, poi, è obbligata anche a giacere con tutti i bresciani che pagano una cospicua somma, poi destinata ad alimentare la cassa della guerra. Il boia nutre un rapporto ambivalente per la donna e la idolatra quasi fosse una Madonna: rapito da una passione mistica, è – per riprendere Georg Trakl – «immerso nel dolce suono di corde della sua follia». A sua volta figlio di un boia, Luigi per tutta la vita cerca di sottrarsi al proprio destino e tenta di studiare presso diversi conventi, votandosi con abnegazione alla causa della fede. Ma è proprio il sangue a richiamarlo alle sue origini e a adempiere ancora una volta e per sempre al suo ruolo di giustiziere.

Il boia diventa così sia vittima che carnefice del suo stesso delirio. Come ne Il punitore di se stesso di Charles Baudelaire:

Io sono la piaga e il coltello
sono la guancia e la percossa!
Sono la vittima e il boia,
lo slogatore e le ossa!

In Il boia di Brescia Ball precipita davvero in uno stato di estasi, dove ekstasis significa “essere fuori di sé” perché, come il protagonista, si trova quasi in uno stato delirante. È assorbito nel rondò dei suoi personaggi, dove la regina si cambia d’abito con la principessa, le prostitute sfilano al suono dei vespri, le ancelle vengono prese da una frenesia sessuale e gli uomini seminano morte per avere salva la vita. Ball riesce a interpretare il febbrile disagio, l’ansia imminente della sua generazione. Anche grazie a una profonda conoscenza e sensibilità religiosa produce un testo ricco di allusioni e parafrasi tratte dalla Bibbia e dai Vangeli, rendendo i dialoghi del boia ancora più vividi. Il confronto tra il boia e Roswitha sull’Anticristo e San Francesco è uno dei momenti più alti della pièce, in cui Ball attinge con ogni probabilità al saggio del 1904 dell’amico Hermann Hesse sul poverello d’Assisi. Non sorprende dunque come, dopo l’esperienza dada, Ball ritorni allo studio della teologia e che lo porterà alla stesura del suo capolavoro, Cristianesimo bizantino.

Nonostante le rivalse e la recondita volontà di farsi redimere, il boia non riesce a essere assolto dai suoi peccati. Rinchiuso nel suo individualismo non si rassegna a ciò che non può né conoscere né cambiare. Senza volerlo veramente non riesce ad aprirsi al mondo e il consenso che non riesce a trovare fra gli uomini lo riversa su un dio sordo, vendicatore. A differenza del romanzo di Strobl, nell’opera di Ballnon ci sono personaggi positivi e negativi: tutti vengono travolti allo stesso modo dalle passioni e diventano più o meno volontariamente pedine nella lotta al potere.

Con un linguaggio funambolico, nei dialoghi il boia improvvisa prose poetiche allucinate che sembrano anticipare, fra le altre quelle di Tenderenda der Phantast. La pièce Il boia di Brescia diventa così una tela, dove l’artista riprende tutti i colori della sua tavolozza e cerca di conferire vigore ai sentimenti, alle suggestioni dettate dalla religione. Un collage di profezie e allucinazioni che donano, ancora una volta, un tono vibrante a tutta la vicenda. La tensione è palpabile e l’ossessione diventa il motore per l’intera narrazione e lo scandire del tempo che porterà all’implosione è ineluttabile. Il boia di Brescia è una tragedia collettiva, il trauma che si connota non può non ricordare quello di un uomo mandato al fronte contro la sua volontà. Quando la non ribellione e perciò la disperazione possono diventare violenza. In questo Ball ha solo da insegnare.



Immagine di copertina: miniatura dal codice Koblenz, Landeshauptarchiv, Balduineum I best 1 C Nr. 1 (Codex Balduini Trevirensis)