Comma 22

Sulle orme di Coco. Chanel, una donna del nostro tempo di Annarita Briganti



Prendendo in prestito le parole a 500 giorni insieme, pellicola del 2009 diretta da Marc Webb, e modificandole a nostro uso e consumo: «Vale la pena chiarirlo subito, questa non è una biografia, è una storia d’amore.» 
Annarita Briganti, giornalista, già scrittrice di Alda Merini, L’eroina del caos, usando il mito di Coco Chanel come piacevole pretesto, ci trascina in un marasma di storie d’amore multi-direzionali. C’è quella tra Coco e gli uomini della sua vita: Arthur Boy Chapel e il figlio/nipote; quella tra Gabrielle e le sue amiche famose, che insieme a lei sfidavano gli stereotipi primo-novecenteschi e aprivano la strada a chi veniva dopo di loro; quella tra l’autrice e l’icona della moda; e quella, che potremmo definire poliamorosa, tra l’autrice, l’icona della moda e le città di Parigi e Venezia. Dall’intersezione tra tutte queste strade, nodi e direzioni si sviluppa l’intreccio di Coco Chanel. Una donna del nostro tempo, libro agile e di facile lettura uscito nel 2021 per la casa editrice Cairo.

Briganti Chanel

In un periodo in cui viaggiare non si può, Briganti ci porta nella capitale francese sulle orme di Coco, raccontandoci del suo ultimo viaggio pre-pandemia e srotolando di fatto una serie di fili tra il giorno d’oggi, con tutto quello che quest’espressione si porta dietro, pandemia inclusa, e la prima metà del Novecento. Sembra quasi di sentire i suoi passi sul pavé mentre si lancia sulle orme dell’amatissima Coco, tra caffè e hotel, foto e documenti, quadri e musei.

Aggiungere qualcosa, su una vita così complessa e studiata come quella della fondatrice della maison francese, è quasi impossibile. Molti si sono interrogati sulle sue influenze, sui suoi trascorsi, sul suo modo di vivere le relazioni e il lavoro in un periodo così delicato per le donne, chiamate al dovere e, letteralmente, a indossare i pantaloni, ma sempre con riserva. Costrette a prendere le redini di un mondo che le redini avrebbe volentieri fatto a meno di cedergliele, le donne conquistarono tanto, dal diritto di lavorare a quello di vestirsi comode. Stiamo parlando, naturalmente, degli anni della Prima Guerra Mondiale. Impossibile non attribuire una parte di merito all’abbigliamento semplificato e maschile di Coco. Tra fascino, mistero e sofferenza, lo stile Chanel è stato analizzato a livello atomico, scomposto e ri-arrangiato allo sfinimento. Annarita Briganti, però, riesce a offrirne un’analisi che aggiunge qualcosa al discorso, e questo è uno dei suoi enormi meriti. Interessantissimi e degni di approfondimento, per esempio, gli accenni a una possibile bisessualità della nostra beniamina, al suo rapporto con la famiglia e con le amiche, al suo modo di portarsi nel mondo, che rimarrà sempre segnato dai suoi traumi e dalle sue sfortune.

L’operazione è certamente piacevole, e non si riesce a immaginare una lettura più adatta a un weekend francese o a una passeggiatina nel parco in primavera. 
Il libro non ha l’approccio rigoroso della biografia, ma s’inserisce nel solco e alimenta la leggenda della Mademoiselle Chanel personaggio, a cui la stilista stessa aveva iniziato a lavorare già in vita, dimostrando grande lungimiranza per quella che, oggi, chiameremmo «brand image», «storytelling», «marketing». 

Chanel si propone come un modello ineguagliabile e irraggiungibile, per forza di cose fuori dalla portata delle donne-che-non-sono-Coco: riesce infatti a sfidare un mondo crudele, a liberare la donna, a lavorare fino allo sfinimento per dire agli uomini che possiamo essere più ricche e di successo di loro, a stringere i denti attraverso la sofferenza e continuare, rinascere, ripetutamente rinascere, seguire il cuore e il portafoglio, costruire un impero, non sentirsi mai (o quasi) sola, mento alto, sempre elegante.

Debolezze e traumi sono sottolineati e ripetuti. Nonostante l’intento dichiarato di non volerla definire attraverso i suoi uomini, la figura di Chanel sfugge a fatica da questo cliché, perché di questo cliché inevitabilmente si nutre. Emerge dalle pagine una Coco a nostro uso e consumo, che porta avanti ideali fortemente contemporanei sì di emancipazione femminile, ma legata al duro lavoro e al guadagno in un’ottica inevitabilmente capitalista. Una Coco indurita dalla vita e dall’età ma non per questo meno bella, meno desiderata, meno odiata e invidiata dalle sue contemporanee. Le donne che la circondano sono sempre un po’ incattivite, gelose, vorrebbero essere lei ma proprio non ci riescono, perché non hanno quello che lei ha: la forza della solitudine, la testardaggine del trauma, la voglia di lanciarsi contro tutto e tutti. Unica possibilità di riscatto? Esserle amiche, bearsi della sua gloria riflessa, scrivere di lei o accompagnarla per una delle stagioni della sua lunga vita. 

Briganti Chanel
Annarita Briganti

Nel libro vengono menzionate anche le parti più oscure della vita di Gabrielle Chanel, come ad esempio lo sciopero che nel 1939 le sue dipendenti portarono avanti e il coinvolgimento, durante la Seconda Guerra Mondiale, con le forze militari e politiche tedesche. Alcuni addirittura ipotizzano che la donna, in un tentativo disperato di salvare il figlio/nipote che tanto amava, fosse diventata una spia nazista. Niente di tutto questo l’ha fermata. Dopo un, tutto sommato breve, auto-esilio in Svizzera, e dopo il colpo inferto alla sua silhouette semplificata e alla sua idea di eleganza da parte di Christian Dior in persona, che torna a celebrare la donna-fiore, di fatto ingabbiandola, Chanel torna a dettare legge in una Parigi che cambia mentre lei si ostina a rimanere sempre uguale. La narrazione rispecchia perfettamente la facilità con cui il gigante della moda ha esercitato il suo privilegio e negato le proprie ombre con la stessa testardaggine e solerzia con cui ha eretto il proprio mausoleo a memoria futura.

La costruzione di Chanel come figura tragica e bellissima è sostenibile solo evitando di problematizzare eccessivamente. Non indugiare sulle zone d’ombra, quando lo si fa con la più estrema consapevolezza, come in questo caso, è una scelta comprensibile; anche utile. La Coco di Briganti, infatti, riesce a farsi baluardo di forza e speranza e, forse, abbiamo bisogno anche di questo.



Photo credits
Copertina di Laura Chouette tramite Unsplash
Ritratto di Annarita Briganti da Fiera del Libro di Iglesias