Sharon, soprannominata Sharo dagli amici, è una ragazza bionda, bella e spigliata. Vive in un piccolo appartamento con la madre in un quartiere degradato di Roma dove regna il piccolo spaccio. Ha un ragazzo, Fabietto, che la adora, così come adora i guadagni facili.
Quando Fabietto rimane vittima di un incidente, Sharon è costretta a effettuare al suo posto una consegna importante a un abitante della Roma bene: un signore ricco, colto e con un debole per la cosiddetta Gina un derivato dell’ecstasy in forma liquida. È l’inizio dell’ascesa criminale della ragazza.
Da piccola trafficante, Sharon cresce sempre di più e abbandona le vesti della ragazza di borgata per infilarsi negli abiti eleganti della Svedese: una nuova regina del crimine fredda e determinata, capace di mettere a libro paga i piccoli spacciatori di strada, ma anche di intessere rapporti con i capi clan della zona.
Con il passare del tempo però, il potere della Svedese diventa una seria minaccia per alcuni mafiosi determinati a impadronirsi del nuovo mercato degli stupefacenti di Roma.
Dopo una serie di romanzi dedicati all’investigatore Manrico Spinori, Giancarlo De Cataldo, scrittore e fiore all’occhiello del noir italiano, torna a raccontare il crimine dall’interno. La Svedese (Einaudi) è un libro incisivo e lucido, capace, come tutti i noir che si rispettino, di analizzare la nostra contemporaneità attraverso un’altra prospettiva, sicuramente più oscura, ma proprio per questo estremamente realistica.
Passano gli anni, ma la capitale mantiene tutte le sue contraddizioni, i suoi angoli bui, le sue stratificazioni e le sue realtà interne: un vero e proprio universo racchiuso nel perimetro del raccordo anulare composto da rioni con palazzi e borgate assorbite dal degrado.
Rimane la città del potere, amica generosa e amante passionale che seduce attraverso la sua bellezza per poi spezzarti il cuore.
Certe cose nella Città Eterna non cambieranno mai, ma la Roma in cui si muove Sharon non è la stessa di Romanzo Criminale, dilaniata dalle lotte politiche, dagli scontri di piazza e dalla smisurata richiesta di eroina. I criminali non sono gli stessi, non ci sono più i sogni di gloria del Libanese, la sete di potere del Dandi o il codice d’onore del Freddo.
Non è nemmeno la Roma di Suburra, quella dei politici corrotti, degli zingari arroccati in ville gigantesche e degli ex terroristi di estrema destra che hanno lasciato perdere la politica per dedicarsi ad affari più redditizi.
In questo libro, De Cataldo ci porta nei quartieri poveri, nelle zone governate da una criminalità piccola e senza troppe ambizioni, composta principalmente da persone che non vogliono diventare dei nuovi imperatori come quelli della Magliana, ma rimanere nel proprio recinto e coltivare gli affari in tranquillità.
La carriera di Sharon all’interno della malavita romana inizia poco dopo il primo lockdown del 2020, un momento di totale incertezza e crisi non solo per le attività legali, ma anche per il traffico di sostanze stupefacenti.
Alle Torri le droghe si vendono al dettaglio, gli spacciatori smerciano la roba ai pischelli senza fastidi: per far capire chi comanda è meglio una coltellata silenziosa invece del fracasso degli spari.
Inizialmente Sharon non vuole immischiarsi, ma attorno a lei le possibilità di un impiego legale e retribuito decentemente sono sigillate proprio come le saracinesche dei bar dove va a bussare in cerca di lavoro.
Davanti alla possibilità di far soldi velocemente per saldare i debiti e sistemare la madre disabile, intraprendere la strada del malaffare le sembra l’unico modo per avere un futuro dignitoso.
Sharon è una ragazza normale, ma dietro alla sua apparente semplicità, alla scarsissima erudizione e alla totale assenza di figure famigliari positive si nasconde una donna estremamente intelligente, capace di imporsi sulla malavita di quartiere dominata da uomini rudi e dediti più alle risse nei bar che al dialogo.
Ha lo spirito dell’imprenditrice e fiuto per i buoni affari, coltiva i rapporti giusti, studia le nuove droghe attraverso la rete, ne intuisce il potenziale e riesce ad avviare un canale all’interno del mercato delle sostanze sintetiche sempre più in espansione.
Il suo percorso è luminoso, ma di fronte a un’organizzazione strutturata e potente come la ‘ndrangheta, la maggiore importatrice di cocaina d’Europa, la Svedese si rende conto di dover fronteggiare qualcosa che è fuori dalla sua portata, ed è in quel momento che comincia ad avere paura, a temere per la sua vita e per quella delle persone che le stanno vicino.
Lo scrittore tratteggia caratteri e psicologie criminali mettendo da parte la toga da magistrato (ormai ex, visto che è andato in pensione quest’anno) per lasciare spazio alla sua anima di romanziere appassionato: racconta il mutamento della microcriminalità capitolina e la conseguente capacità di adattarsi alle crisi sociali ed economiche del Paese, ci mostra la mafia contemporanea più ricca e spietata, cioè la ‘ndrangheta, e sospende i giudizi etici e morali per dipingere un quadro di sconcertante attualità: la mancanza di lavoro, periferie allo sbando, ragazzi sempre più sedotti dai soldi e da modelli irraggiungibili che spiano attraverso gli schermi luminosi dei loro iPhone.
Forse in alcuni punti questo ritratto può sembrare eccessivamente unidirezionale, ma in contesti dove mancano strumenti culturali, dove essere giovani sembra un difetto e non esiste il minimo stimolo se non quello dato da influencer dalle vite dorate e rapper che professano il crimine come fosse un gioco da tavolo, probabilmente cedere alle lusinghe del malaffare è molto più facile, e l’autore lo dichiara in maniera cristallina attraverso la sua scrittura raffinata, intrisa di immagini forti e dialoghi effervescenti. Un materiale già pronto per la macchina da presa.
La Svedese è infatti un personaggio perfetto per il grande o piccolo schermo. Non dimentichiamo che oltre a essere un grande scrittore, De Cataldo ha il merito di aver bonificato il paludoso panorama cinematografico italiano della prima decade degli anni Duemila, che dopo una serie capolavoro come Romanzo Criminale ha avuto una vera e propria rinascita. Nuove storie, nuovi volti e nuovi registi capaci di rivaleggiare con le grandi produzioni americane ed europee.
Immagine di copertina: Tor Bella Monaca, 1988 (Wikipedia)