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La geometria imperfetta della soglia. Un editoriale

Limina nasce sulla soglia.
Un’epoca liminare è un’età di estrema importanza perché implica e concede la facoltà e la libertà di scelta e di direzione. Di fronte alla soglia il passo decide se valicare in un percorso al verticale o se indietreggiare e costeggiare il perimetro in orizzontale, in moto lineare, costante e a suo modo sicuro. Procedere in verticale porta in sé una componente di pericolosità, in quanto travalica il limite del rischio ed entra nell’anomalia dell’imprevedibilità. Un passo oltre alla soglia è affondare un coltello in carne viva, non per distruggerla ma per conoscerla, quando ogni conoscimento è il fondersi tra entità diverse che costruiscono proiezioni, intrecci e sovrapposizioni di sguardi. Nuove prospettive che creano nuove vite.

Vedere e riconoscere la soglia significa non negare la profondità, intesa come prolungamento e insieme matrice della realtà galleggiante, degli sterminati deserti di superficiale apparenza. Decidere di affacciarsi alla soglia significa abbozzare uno sguardo verso la materia oscura, oscura perché invisibile, cristallina, presente proprio perché assente. Guardare oggi la materia oscura è diventato un atto di coraggio e di generosità, in quanto gesto che tenta di ridare profondità ad apparenze rimaste senza ombra. In corsa sul limite della soglia si sporge la mano nella sorpresa di afferrare e riempirsi dello spessore dell’aria. 

Liminare è tutto ciò che si annida tra le pieghe, che scivola negli interstizi di quello che non sempre trova netta collocazione, privo di un contorno ben tracciato e definito. È il profilo delle cose che sfuggono e non si lasciano ingarbugliare, inarrestabili. Limina si trova nell’indefinitezza e cerca nel paradosso la soluzione di provare a dare spazio a tutto ciò che non sta in un perimetro spaziale. Circostanziare un non luogo anfibiale dalle linee serpentine e sovrapposte. La realtà contemporanea è sfuggente e costantemente sfumata, è ricca di zone indicibili, silenziose, che se non possono essere partecipate dalla parola chiara e univoca, trovano dimora nella forma interstiziale, negli autunni, in sodalizi di sovrapposizione poco dichiarabili. Per questo un manifesto programmatico di Limina è impossibile, poco auspicabile, perché si nega da solo nella contraddizione che distingue questa rivista, che ha identità obliqua in un continuo slittamento tra mescolanza di narrazioni e geometrie. Così è la cifra stilistica di Limina, che accoglie e restituisce un contagio culturale, avvalendosi di strumenti di racconto molto diversi tra loro. Accanto ai testi firmati da giornalisti, critici e scrittori si affiancano i reportage visivi di una squadra di fotografi e videomaker, nella costruzione di uno sguardo dialettico che possa penetrare nella complessità di ogni discorso culturale.

È per questo che Limina manifesta un’allergia alle divisioni categoriche, e lascia dialogare i linguaggi tra loro, in uno spazio di quattro sezioni permeabili e osmotiche. La sezione Comma 22 richiama a sé le molteplici strade della parola: letteratura, poesia e filosofia, associando all’apparato critico una forte componente di contenuti visivi inediti. Dedicata allo sguardo è la sezione Camera Obscura, che cattura l’immagine multiforme declinata nel cinema, nell’arte e nella fotografia tra recensioni, monografie e interviste. È poi un territorio vasto e indefinito la sezione Oltre la soglia, il punto di osservazione di Limina sul mondo, che racchiuderà tutto ciò che sta nel discorso culturale ma che è difficilmente catalogabile; un nuovo modo di raccontare persone, luoghi e dinamiche che immergono la propria essenza nel nostro presente. Limina sarà inoltre una piccola biblioteca digitale, con la pubblicazione nella sezione Le Chimere di piccoli volumi scaricabili, inedite cronache narrative che con fatica nei loro tragitti hanno valicato una soglia e trovato casa.

Limina è la risposta a un’urgenza di dire. Ci piace pensarla come una sosta transitoria nella quale convogliare tutti gli inciampi, gli incontri, più o meno fugaci, che abbiamo fatto e che facciamo ogni giorno nelle nostre rotte. Limina è una creatura che costantemente si fa, grazie al lavoro di tante mani, diversissime tra loro ma non per questo non intrecciabili. Con l’augurio che dentro questa fucina si possano incontrare figure con cammini lontani, affiancandosi per un istante lungo la linea della soglia.

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