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Il Signor Coniglio. Il regalo perfetto di Sendak e Zolotow



Un coniglio al proprio fianco. Ce l’hanno avuto in molti, reale o immaginario. James Stewart si accompagna ad Harvey nell’omonimo film del 1950, Alice oltrepassa i confini del proprio mondo inseguendo un coniglio albino e Winnie the Pooh si caccia nei guai assecondando le manie di protagonismo di Rabbit.  È vero, quello di Donnie Darko non è tra i più graziosi, ma i lagomorfi si sa, non devono essere necessariamente rassicuranti.
Quello di Il Signor Coniglio e il regalo perfetto (Adelphi) di Charlotte Zolotow lo è, almeno una volta fatta la sua conoscenza, perché un coniglio antropomorfo che cammina su due zampe un po’ di inquietudine riesce sempre a trasmetterla, soprattutto se a disegnarlo è il poliedrico Maurice Sendak.

signor coniglio

Nel racconto di Zolotow il Signor Coniglio è una presenza data per scontata. La bambina protagonista, di cui non sappiamo il nome, gli chiede aiuto trovandolo a oziare lungo un sentiero boschivo. Il desiderio è quello di individuare il regalo ideale per il compleanno della madre, e l’amico è pronto a darle una mano.

«Devo trovare qualcosa che le piaccia» disse la bambina.
«Qualcosa che le piaccia mi sembra un bel regalo» disse il Signor Coniglio.

Da qui inizia il viaggio che conduce i due a vagliare numerose possibilità partendo dai colori preferiti dalla mamma e dagli elementi della natura da cui sono rappresentati. Il sole non può essere regalato, i pappagalli è meglio vederli sugli alberi e i camion dei pompieri non piacciono, ma per il giallo, il verde e il rosso si possono sempre trovare altre soluzioni, fino alla composizione del regalo perfetto.

«A lei piace il rosso» disse la bambina.
«Rosso?» disse il Signor Coniglio. «Non puoi mica regalarle il rosso.»
«Magari qualcosa di rosso?» disse la bambina.

La bambina è conscia di non poter regalare i colori nella loro essenza, ma al vaglio vengono passate tutte le possibilità in grado di rappresentare un dono tanto speciale. L’obiettivo, naturalmente, è quello di donare la cosa più bella e preziosa alla persona più importante della vita, col risultato di scoprire che è nelle piccole cose che si cela il regalo più grande.
Per quanto il motore dell’azione sia la ricerca di un dono per la madre, gli adulti sono assenti. La loro presenza è puramente emotiva, mai fisica. Lo stesso coniglio, del quale non possiamo indovinare l’età, è una figura caratterizzata da un’ingenuità infantile che travalica i confini della logica, soprattutto quando propone come regali degli oggetti “impossibili”, solo perché del colore ideale. Nonostante questo, o forse proprio per tale ragione, è l’aiutante perfetto, e poco importa se sia reale o solo immaginato. Realtà e fantasia, nel mondo dell’infanzia, possono del resto coincidere.

Come per gli adulti, anche la dimensione della casa è lasciata ai margini, presente in poche illustrazioni che presto allontanano lo sguardo del lettore per condurlo in ambienti bucolici o boschivi. Nonostante questo, non c’è una singola pagina nella quale si possa percepire del pericolo per la bambina, che nella natura è perfettamente a suo agio.
La vicenda, che ricopre l’intero arco della giornata, si sviluppa attraverso una struttura che ripete lo stesso modello di dialogo in contesti naturali differenti, eliminando ogni forma di descrizione. A occuparsi di questa assenza ci pensano le illustrazioni di Sendak che, lontano dall’essere la didascalica rappresentazione di quanto narrato, narrano a loro volta, completando quel che i puri dialoghi di Zolotow non concedono. Non è detto dove i due trovano le banane che soddisfano il giallo, ma Sendak illustra un pic-nic abbandonato dove giustificare la presenza di banane in un contesto che non può prevederle sugli alberi. Non descrive l’atto di raccogliere l’uva, ma la mostra tra le zampe del coniglio mentre a tarda sera, quando il cielo si è ormai fatto stellato, tornano a casa.

In una storia dove i colori sono centrali ci si potrebbe aspettare l’uso di tinte accese, ma la scelta di Sendak è anche in questo caso tutt’altro che scontata. Le illustrazioni, dalle gradazioni tenui e luminose, non insistono sui colori della ricerca, ma giocano con varie tonalità di verde con le quali persino il blu della notte sembra flirtare, lasciando che l’abito rosato della bambina risalti in ogni quadro.

Il Signor Coniglio e il regalo perfetto è un dialogo delicato con una narrazione per immagini altrettanto dolce. Un’opera che, uscita per la prima volta nel 1962, unì due autori tra i più prolifici e premiati in un racconto posto tra il quotidiano e l’onirico, nella zona crepuscolare in cui domina l’immaginazione. Solo l’anno successivo, Maurice Sendak avrebbe dato alle stampe Nel paese dei mostri selvaggi (Adelphi), suo libro più amato e apice della sua arte, nonché emblema di questo regno della fantasia.

Si tratta di un universo ampio e variegato quello di Maurice Sendak, un mondo raccontato in decine di titoli e milioni di copie vendute, un regno nel quale Adelphi prova a fare ordine riproponendo titoli di vario genere che mantengono viva l’attenzione per uno degli illustratori più interessanti di sempre.  Così, al fianco di Il Signor Coniglio e il regalo perfetto, Adelphi ripresenta fra i tanti l’avventura della piccola Ida alla ricerca della sorellina di Il mondo là fuori, la spericolata festa di compleanno di Bombo-Lardo e la rivisitazione ironica delle prime letture di Gusci di noce.

Le opere di Sendak sono squarci sull’infanzia e sulla vita che, nella loro limpida complessità, provano a scrutare la realtà come solo i grandi autori sanno fare. L’infanzia è una faccenda complicata in cui spesso qualcosa va storto, pensava del resto Sendak, che dell’infanzia si è fatto portavoce. E tutto, nella sua arte, partiva da un presupposto costante: «Ho solo un argomento. La domanda che mi ossessiona è: come sopravvivono i bambini?»


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