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Cliniche del passato. Una conversazione con Georgi Gospodinov sul suo nuovo romanzo inedito



Il nuovo romanzo di Georgi Gospodinov, Rifugio del tempo (Vremeubejishte, in lingua originale) è uscito in Bulgaria durante il primo lockdown, in piena pandemia mondiale, nel mese di aprile. Per leggerlo in Italia ci vorrà ancora un po’ di pazienza, edito come sempre da Voland con la traduzione di Giuseppe Dell’Agata, ma nel frattempo la curiosità dei lettori aumenta, come sempre accade con le opere di questo autore di culto internazionale dopo il successo di opere come Romanzo naturale (Voland, 2007), Fisica della malinconia (Voland, 2013) e l’ultima raccolta di racconti brevi Tutti i nostri corpi (Voland, 2020).
Già nel titolo contiene la parola “tempo”, questo libro che sembra arrivato proprio nel preciso momento in cui tutti noi avevamo perso ogni cognizione cronologica, stando chiusi in casa e intenti a riconsiderare il fluire degli eventi, incluso quello della nostra vita. E infatti, leggendo il libro, ci si accorge che Gospodinov ci propone un romanzo che sconfina e oltrepassa la frontiera della realtà per trovare una nuova collocazione grazie alla fantasia. L’autore gioca con i derivati del tempo, fra tutti la memoria collettiva dei popoli europei depositata durante il XX secolo. E ne esce un’opera, come sempre accade con i libri dell’autore bulgaro, che ammalia e porta il lettore a riflessioni profonde senza risparmiarsi le emozioni.
Perché Gospodinov possiede la straordinaria capacità di anticipare i tempi, ed è arrivato all’intuizione che proprio la memoria sarà la merce preziosa del futuro che ci aspetta, un futuro popolato di persone troppo vecchie per ricordare il pasto del giorno precedente, ma ancora estremamente in grado di ricordare i decenni della propria gioventù, la Seconda Guerra Mondiale, la ripresa degli anni ’50, il rivoluzionario ‘68, il buio degli anni ‘70, il benessere degli ’80 e la confusione degli anni ’90. Nelle pagine di Vremeubejishte, Gospodinov gioca dunque con l’invecchiamento della popolazione del Vecchio Continente, creando le “cliniche del passato” proprio nei mesi nei quali in Italia abbiamo visto andarsene un’intera generazione di anziani.

Gospodinov
Vremeubejishte, edizione bulgara

Oggi Gospodinov vive e lavora a Sofia, nel cuore della Bulgaria. L’ho conosciuto nei primi anni Novanta proprio in quella città, era il fidanzato (e in seguito sarebbe diventato il marito) di una mia amica delle superiori. Quando andavo a trovare lei c’era anche Georgi, era una presenza fissa di quei giorni. Erano anni di fermento, il Muro di Berlino era da poco crollato e noi giovani universitari eravamo pieni di speranza, desideravamo che qualcosa di positivo potesse accadere alle nostre vite, soprattutto per quanto riguardava la libertà di espressione del pensiero e della parola.
Studiavamo lettere all’Università Klemente da Ochrida di Sofia, e all’epoca Gospodinov, con altri tre amici, aveva creato il circolo “Pensiero” scimmiottando di proposito un celebre gruppo di intellettuali di inizio secolo che ha poi prodotto i migliori poeti bulgari dell’epoca. In quegli anni Georgi scriveva poesie, ma anche essais letterari, recensioni, insomma qualsiasi cosa, creando con i suoi compagni di viaggio più di una rivista letteraria, una vera novità per quei tempi sul fronte del pensiero intellettuale libero, senza censure. Lo ricordo sempre a casa a scrivere. Lo guardavo e mi sentivo meravigliata. Noi eravamo pieni di vita, avevamo sempre smania di fare mille cose, di andare da qualche parte, visitare luoghi nuovi, fare scoperte: lui invece se ne stava sempre lì, seduto su una sedia a dondolo a pensare e a scrivere. Allora non potevo capire, e la sua figura per me era avvolta da un alone di mistero. A distanza di molti anni, ritrovo quella mente mai ferma, sempre in movimento, scorrendo ogni singola pagina del suo nuovo romanzo, e questa lettura diventa l’occasione per una conversazione sui temi di Vremeubejishte ma anche, inevitabilmente, su ciò che sta accadendo nel mondo.

Vorrei partire da Vremeubejishte: mi sembra tu abbia centrato l’immagine che evoca, un rifugio del tempo. Oggi più che mai forse l’umanità ha bisogno di rifugi, non solo temporali, ma anche interiori e spirituali?
Il titolo stesso, in lingua bulgara, ha un doppio senso… forse anche in italiano? Da un lato rappresenta un rifugio all’interno del tempo, nel senso del creare una piccola nicchia dentro un minuscolo divario temporale, del trovare conforto e fermarsi all’interno di un decennio che ci piace. Proprio mentre stavo scrivendo il libro mi sono reso conto che sempre più persone desiderano e cercano un posto così nel tempo. Quando ci è negato il futuro, quando l’oggi abbonda di cose che spaventano, l’unica mossa che possiamo fare è guardare verso il passato. Una sorta di ricerca della salvezza. Però a questo punto nasce un problema: come concordare un passato comune con gli altri? E come si vive nel passato? Il passato del resto non è un mostro, seppur discreto? Questi sono i temi di cui si occupa questo libro, ed è per questo che il secondo senso del titolo significa “salvarci dal tempo e dal passato”, una specie di rifugio per il tempo.

Il libro è uscito in piena pandemia da Covid-19. Come stai vivendo questa nuova fase del pianeta?
Senza volerlo, Vremeubejishte ha trovato il momento migliore per uscire. Il manoscritto era pronto il 29 febbraio 2020, proprio mentre in Europa stava cominciando “tutto”. Con i miei editori in Bulgaria, abbiamo deciso che un libro deve uscire nel momento in cui è stato scritto, e così abbiamo corso il rischio di pubblicarlo. Il romanzo è uscito alla fine del mese di aprile, in pieno lockdown, dunque con le librerie e i luoghi pubblici chiusi. Ma già il primo giorno sono arrivati ordini postali dei lettori da tutta la Bulgaria e dall’Europa. Per me è stata una sensazione davvero strana: mentre eravamo rinchiusi, i libri stavano comunque viaggiando. E la cosa più insolita è che nel romanzo ci sono dei passaggi che parlano del virus del passato, un virus paragonato alla Spagnola… insomma i libri a volte sono più avanti di noi, sono in grado di prevedere cose che noi ignoriamo.

Gospodinov

Adori mischiare i tempi e le epoche storiche, e dal tuo romanzo traspare una nostalgia per il passato, come se fosse l’unica certezza rimasta. Non c’è nessun tipo di fiducia nel futuro, ma non c’è nemmeno l’oggi, qui e adesso. Credi che forse l’umanità abbia perso la bussola e non sappia dove sia diretta?
Anni fa avevo creato un’installazione artistica che rappresentava uno schermo di quelli che ci sono negli aeroporti, sul quale al posto della destinazione appariva la parola “Future” e di fronte era scritto “Cancelled” o “Delayed”. In un certo senso questa immagine ci riguarda tutti, ho come la sensazione che tutti noi stiamo di fronte ad uno schermo simile in un qualsiasi aeroporto del mondo. I voli sono stati cancellati e noi stiamo girando confusi in una terra di nessuno, priva del presente. E il futuro è sempre più in ritardo.

Sei spesso citato tra gli autori che, di opera in opera, stanno cambiando la forma del romanzo contemporaneo. Credi sia in atto una rivoluzione, da un punto di vista narrativo?
Sì, direi di sì. La frammentazione della nostra esistenza, il labirinto in cui stiamo vagando, inevitabilmente diventa anche la forma dei romanzi che stiamo scrivendo. Gaustin, uno degli eroi di Fisica della malinconia, ad un certo punto dice «Non credo nel genere puro. Il romanzo non è ariano». Il mio Romanzo naturale seguiva in qualche modo la forma sfaccettata dell’occhio di una mosca, Fisica della malinconia ha assunto la forma del labirinto, mentre Vremeubejishte ha la forma delle cliniche del passato, qualcosa di simile alle capsule del tempo.

Gospodinov

Dunque l’unica certezza che ci rimane è il passato?
Siamo fatti di passato, che ci ha formati e ci ha dato il volto che abbiamo. Il narratore del mio ultimo romanzo dice: «Se non ci fosse la memoria, tutto sarebbe stato possibile. La memoria è una specie di Dio, un’istituzione morale, che detiene l’ordine nel mondo in cui viviamo». L’unico problema con il passato è che non possiamo viverci, nonostante i nostri sforzi di ricostruirlo e adattarlo. È come un regno sotterraneo, dal quale però non si può scappare. Solo Orfeo è riuscito ad entrarci, ma da lì non è riuscito a tirare fuori nessuno.

Anche in questo libro immancabilmente è presente Gaustin, questo eroe che c’è e non c’è, che forse esiste e forse è frutto della tua fantasia. Gaustin cosa dice del tuo nuovo romanzo?
Mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: «Ancora una volta hai scritto il tuo romanzo grazie a me». Ma, come sapete, lui ha un forte senso dell’ironia.

E tu, hai trovato il tuo rifugio del tempo o lo stai ancora cercando?
Certamente. Il mio rifugio del tempo sono i libri e mia figlia. Ma anche il passato, lo confesso. Però ho sempre la sensazione che mi manchi qualcosa, la vita vera è «là, dove non siamo.»*


* Là dove non siamo è il titolo della raccolta di racconti brevi di Gospodinov.

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