Oltre la Soglia

Where is my mind? I Pixies e l’incendio dei vent’anni

«Scrivevo i testi su tovaglioli cinque minuti prima di cantare. A volte va bene, a volte no. Ma è la natura di quel songwriting».

Leggere le parole del leader dei Pixies Black Francis, all’apice della loro incendiaria carriera, mi ha fatto pensare ai miei e ai nostri vent’anni. Quasi tutti gli artisti, nel campo musicale e non, creano le loro composizioni più originali e ardite a vent’anni. Molti successivamente mantengono un livello alto al prezzo di una tiepida normalizzazione, altri si smarriscono, come se la fonte della propria creatività si fosse prosciugata. Tra i primi è facile citare Bob Dylan, che dopo i lisergici anni ’60 compose nel 1974 il suo album forse più straordinario (Blood on the tracks), straordinario ma normalizzato rispetto al periodo Blonde on blonde dove tutto nasceva di getto e di getto era gettato nel mondo. Dei secondi mi verrebbe da citare, per affetto e convergenza storica, quel Billy Corgan che illuminò ogni secondo degli anni ’90 con i suoi Smashing Pumpkins per poi spegnersi violentemente allo scoccare del nuovo millennio. «It’s better to burn out than to fade away», cantava Neil Young, ripreso da Kurt Cobain (il più celebre ammiratore dei Pixies) nella sua nota suicida.

A vent’anni si scrive di getto, e il getto è la parola chiave, pare dirci Black Francis. Non è così per tutti, ma è facile pensare lo sia per la maggior parte degli artisti, e il discorso potrebbe spingersi oltre e abbracciare ogni angolo della vita, da un viaggio in Nicaragua all’apertura di un frigorifero. Se penso ai miei vent’anni, al mio primo romanzo, non credo fosse migliore di quelli che gli sono succeduti, ma di certo aveva una qualità che successivamente ho riscontrato solo a sprazzi: nacque di getto. 

Pixies
La copertina di Surfer Rosa, 1988

Urgenza. Necessità. Velocità. Eccesso. 
Concetti che a vent’anni hanno un senso, accompagnati da una strafottenza che non sempre produce qualità – come non sempre la producono lentezza e cesello – ma che di certo danno vita a un albero spontaneo, pulito, diritto o storto, ma pulito. Colori accesi, neri o fluorescenti, di certo mai tenui. Questo facevano i Pixies a vent’anni quando cantavano Monkey gone to heaven o Wave of mutilation, pezzi che già dal titolo dichiarano “oggi va così, domani questa canzone sarebbe diversa, ma non mi importa niente”. L’impronta di un eterno presente sull’eternità, in contrasto con la ricerca della perfezione che incomberà sui decenni a venire, con il suo velo di eterna insoddisfazione. Eterno presente contro eterna insoddisfazione. Così scrivevano i Pixies, così scrissi io Uno (preferisco ricordarlo con il suo titolo di lavorazione) e tutto sembrava bello, tutto importante, tutto giusto o sbagliato, ottimo o pessimo, ma necessario e reale.

Reale.

Pixies
I Pixies nel 1988, © Phil Nicholls

Mi domando: sarà per questo che i vent’anni rappresentano un rifugio di nostalgico affetto per tutti noi? Sarà perché costrutti mentali come personalità, cultura, società, non hanno ancora preso il comando della nostra scatola cranica, permettendo ai giovani residenti della nostra mente di lasciare in giro disordine e scarpe sporche, una vita in tuta cappuccio alzato musica assordante nelle cuffie, mentre fuori il mondo picchia e rulla? E non sarà forse che quella vita di getto, strafottente e urgente, nera pece e fluorescente, possa essere riconquistata, nei dubbi dei trenta o dei settant’anni, lavorando su se stessi alla riconquista di un presente imperfetto ma vissuto, gettando nella lavatrice bianchi e colorati indistintamente, senza domandarsi se funzionerà o non funzionerà, semplicemente lasciando che accada?

Questo a mio avviso ci insegnano i vent’anni. Questo possiamo ascoltare e rivivere, o meglio vivere, e non giorno dopo giorno, ma secondo dopo secondo. Oppure abbandonarci e vivere circondati dal rumore che irrompe nel presente, quel rumore chiamato passato e futuro, società e cultura, personalità e responsabilità, cose che non tocchiamo e che non sono, e non saranno mai, presente. 
La scelta è nostra, la scelta è tua. Secondo dopo secondo. Dopo secondo.