04.07.2025

Nel mondo di frontiera di Montanaro. L’incredibile storia di Callista Wood che morì otto volte

Una scrittura vivida, dove finzione e verosimiglianza restituiscono una voce narrativa di grande valore



L’incredibile storia di Callista Wood che morì otto volte è il primo romanzo di Manuela Montanaro – che però non esordisce con questo testo, avendo già pubblicato la raccolta di racconti Catrame (Ensemble) nel 2021 – ed è la seconda opera classificata alla prima edizione del premio indetto da Neo edizioni nel 2024.

Il libro contiene anche una generosa prefazione di Chris Offutt che, sin dall’inizio, elogia le capacità della scrittrice, soprattutto in riferimento a uno specifico tema: «La vicenda narrata è ambientata a Keystone, nel South Dakota, una cittadina che la scrittrice non ha mai visto, in un Paese che non ha mai visitato». Ora, se è vero che tutta la narrativa è finzione – o meglio: molta narrativa è finzione, e di sicuro lo è questo testo nello specifico –, è anche vero che «anche solo immaginare un’impresa narrativa di questo tipo è audace e coraggioso». E in effetti il primo elemento da ammirare in questo testo – e può sembrare una cosa banale evidenziarlo ma non lo è – è proprio questa forte carica di realismo, concretezza e verosimiglianza che non tanto la storia raccontata quanto l’ambientazione in cui questa storia è posta porta con sé. Tutto avviene in una cittadina che ha il sapore autentico di un luogo realmente esistito. Attraverso delle descrizioni particolareggiate e l’inserimento continuo di dettagli, Montanaro ci fa essere lì, in quei luoghi, in quei momenti, senza però gettarci addosso il peso di queste descrizioni e di questi dettagli:

«La chiesa della prima congregazione di Keystone era situata a metà di una piccola salita asfaltata, a pochi metri dall’ufficio del dipartimento di polizia. […] La chiesa era un grande edificio di legno, con le assi orizzontali dipinte di marrone chiaro nella parte inferiore e avorio nelle parti più alte, dove lunghe vetrate colorate svettavano al di sopra della piccola porta d’ingresso.»

Fornire al lettore un luogo in cui stare è fondamentale quando si decide di scrivere un romanzo di genere ambientato in un luogo che non è casa propria. Non siamo in Italia, anche perché questa storia non avrebbe potuto prendere forma qui da noi. È una storia americana, fatta di sceriffi che indagano e di giovani ragazze native americane che perdono la vita.

Sì, perché questo è l’avvio di questa Incredibile storia di Callista Wood. Amanda Jones, originaria di Keystone trasferitasi a New York per studiare, è una dottoranda in psicologia che si occupa di casi irrisolti. Un giorno decide di tornare nella cittadina natia perché, a quanto pare, ci sono novità interessanti su un cold case che sta seguendo. Qui si imbatte nell’omicidio di Callista Wood. Callista è una giovane nativa americana uccisa in circostanze che per tutto il libro non vengono chiarite, se non sul finale. Otto sono le volte in cui è morta perché otto sono le persone che affermano di averla assassinata. I personaggi vengono presentati in capitoli brevi e quasi separati fra di loro, al punto che per buona parte del romanzo sembra quasi di star leggendo una raccolta di racconti. Viene descritto il loro passato, in che modo sono nati o si sono stabiliti a Keystone, che cosa fanno in questa cittadina e che cosa li spinge ad agire. Ci ritroviamo davanti delle biografie, piccoli gioielli in nuce che potrebbero essere sfruttati per l’avvio di altre storie. E poi, puntualmente, ecco comparire la confessione davanti allo sceriffo. Ognuno di loro ha un movente per agire, quasi sempre legato a una sorta di gelosia provata nei confronti della giovane Callista e a quel suo modo di cantare una nenia che sembra quasi emergere dalle viscere della terra. L’ingrato compito dello sceriffo è dipanare queste storie, scioglierne il nodo principale e rispondere alle due domande: chi ha ucciso Callista Wood? E perché tutti gli altri stanno nascondendo il vero assassino?

È proprio nel rispondere a quest’ultima domanda che il libro cede un poco la sua presa sul lettore. Quando infine il mistero viene risolto e le motivazioni vengono alla luce, si percepisce una piccola forzatura, una sorta di accelerazione inspiegata sul perché tutte queste persone – e, alla fine, anche la protagonista – abbiano voluto portare in scena il dramma per difendere un unico individuo. Nel finale – in cui, c’è da dirlo, la maestria di Montanari emerge in tutto il suo bagliore attraverso un montaggio propriamente cinematografico, con lunghe scene che ricordano i campi lunghi di certi film di viaggio – accompagniamo Amanda verso un luogo che non è più il South Dakota, alla ricerca di una catarsi definitiva che sembra quasi un’escatologia, una salvezza divina. E però la domanda resta sulle labbra del lettore: perché tutto questo? Che cosa porta Amanda – che, ricordiamolo, è venuta a Keystone per risolvere un altro mistero, all’apparenza irrelato con quello di Callista Wood – a dedicarsi anima e cuore alla storia non tanto di una nativa americana assassinata, quanto paradossalmente a quella del suo assassino?

Se qualcosa nel finale di questo romanzo, tuttavia, non persuade al cento percento, è comunque innegabile che L’incredibile storia di Callista Wood che morì otto volte sia una storia ben scritta e ben confezionata, con personaggi solidi e verosimili e una trama che ha il potere magnetico della buona letteratura.

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