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Dire il sesso. I racconti erotici per ragazzi di Massimiliano Parente

Nel panorama dell’editoria italiana, Massimiliano Parente è una vox clamantis in deserto, uno dei pochissimi scrittori che non fa parte di cordate, famiglie, capannelli, partiti o associazioni, congreghe, sette, chiese, un figlio unico di madre rimasta vedova subito dopo averlo messo al mondo. Uno che bulina i suoi libri con la fiamma ossidrica e che è Parente di nessuno, come recita il titolo di un suo libro ormai introvabile. Un fustigatore della realtà dalle pagine del Giornale come solo Guido Ceronetti sapeva esserlo, con la non trascurabile differenza che Parente domina la comunicazione digitale e mena a destra e a manca fendenti contro la tirannia delle classifiche libresche, gli editor che selezionano libri fotocopia e scrittori che passano più tempo in TV a portare in giro i loro romanzi che a leggere e scrivere. É il killer sociopatico temuto da centinaia di sedicenti scrittori e tuttologi delle patrie lettere, che non sanno neanche da quanti volumi è composta la Recherche. Uno che la creatura cinematografica di Alien, nel caso in cui lo incontri casualmente, ci pensa due volte a tagliargli la strada. Uno che non è un giornalista che ammucchia proposizioni in forma paratattica per poi farne un volume ogni anno per poi definirsi sulla bandella “scrittore”.
Perché Parente usa la sua lingua come l’acido molecolare che fuoriesce dalla creatura, per corrodere le stratificazioni di luoghi comuni, ovvietà e beceraggini scientifiche che ognuno di noi riceve in pieno volto dall’uomo della strada non appena mette il piede fuori di casa. Mancava un’immersione della sua penna nell’inchiostro dell’erotismo ora che da reale è diventato digitale, che pensare di vivere un’esperienza simile a quella di Ultimo tango a Parigi è impensabile per intervenuta estinzione dei portieri che affittano gli appartamenti. Cosa rimane dunque dell’erotismo nell’epoca dell’immaterialità nella quale nessuno vuole perdere tempo con rituali di corteggiamento et similia?

Se continuate ad aspettare una risposta dai saggisti raffinati con la erre moscia rischiate solo di vedere il vostro profilo Facebook trasformarsi prima o poi in pagina celebrativa (apprendendo così che si è deceduti). Potete invece correre in libreria per acquistare questa tripletta di racconti dal titolo Tre incredibili racconti erotici per ragazzi, pubblicato da La nave di Teseo. Il volume costa come due pacchetti di sigarette e ammazza i radicali liberi in quantità nettamente superiore. Esiste anche un’alternativa a questa iperbole, quella di rimanere “morti in vita” attaccati al mainstream dei social. Proprio dai social e dal loro rutilante universo inizia il viaggio incredibile di Parente nell’erotismo per ragazzi. Incredibile perché è arduo credere che un adolescente o un ragazzo ignori i temi del libro, ma Parente li illumina con la potenza del suo stile fitto di contaminazioni culturali, dove doppi e tripli salti mortali ne fanno lava incandescente che buca l’ovvio e il già detto.

Parente

«Se volete rimanere anonimi, perché diamine avete un profilo su ogni social esistente?». Questo è il pretesto scatenante del primo racconto, dove l’autore arrestato per stalking di una famosissima influencer, che prima gli dà un appuntamento per un aperitivo e poi si dilegua, invoca clemenza al suo giudice con il volume della letteratura italiana in mano e King Kong assiso sull’Empire State Building chiamato a menar le mani per la sua causa. Il protagonista-scrittore vola tra le montagne russe del codice penale proponendo un’interpretazione della legge che prima o poi qualche giurista proiettato nel futuro dovrà prendere in esame (il danno biologico da “blocco”!). E poi fare lo stalker è costoso e faticoso, soprattutto quando la persona da stalkerare occupa le pagine dei magazine. Allora bisogna passare all’azione ma tanto andrà l’autore al frigorifero da lasciarci lo zampino.
Dietro la curva del secondo racconto c’è la schiavitù-dipendenza vissuta da uno slave, ricercata e accettata fino alla fine, con una crudeltà vista solo nei racconti di Hitchcock dove le vecchiette servono il tè delle cinque con il cianuro all’ospite per poi seppellirlo dentro a una cassapanca, fino a dimenticarsene per aspettarlo il giorno successivo alla medesima ora. Lo schiavo non è tale se diviene liberto, il suo destino si compie nel sacrificio estremo verso chi lo possiede. Qui Parente sfoggia la sua “cattiveria” unica, quella che riversa ogni giorno nei post del suo profilo personale di Facebook e dove non risparmia nessuno perché è spietato innanzitutto con se stesso e con le persone che lo circondano. Avete un’esistenza ordinaria, allora perché venite a sfrugugliare la bacheca di «un candidato al Nobel per la letteratura che per sentirsi dire bravo dalla madre deve sistemarle i canali del digitale terrestre»?

A chiudere c’è il racconto Toyboy, dove i lettori più smaliziati scoprono il motivo ultimo che li ha spinti ad acquistare il volume: anche voi avete pagato per essere vivi, per un lembo di contentezza; acquistando il libro, graffiandovi con le sue schegge di diamante sbriciolate in parole, avete fatto un giro sulla realtà mettendovi la maschera da Batman amata da Parente. Ora non resta che tornare in terra e leggere gli altri libri dell’autore per ricominciare a volare alto, oltre il banale del reale. Parente non conosce mediazioni e, soprattutto, non scherza mai. Un conto è farsi la barba con il rasoio elettrico, altro è radersi con la sua lama in affilatissimo acciaio monouso capace di fare a pezzi la realtà e ricomporla per quello che è: lo specchio della propria conoscenza della realtà, il sedimento dei libri letti e assimilati.
Una nota merita la veste grafica del libro, superba nella lussuriosa semplicità e nella modernità della copertina di Max Papeschi che lo rende un oggetto d’arte. Il suo essere taschinabile lo rende oggetto di furti continui e “appropriazioni temporanee”. Allo scrivente ne sono state sottratte in maniera subdola cinque copie, da parte di soggetti che non ammetterebbero di leggere Parente neanche sotto la minaccia di essere legati a una sedia con una TV accesa sui telegiornali di Emilio Fede al culmine della sua onnipotenza catodica. Ma si sa, i peggiori spiriti si concedono sempre il meglio.

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