Diabolik
Camera Obscura

La lunga ombra di Diabolik, da Mario Bava ai Manetti Bros



Diabolik è un personaggio che non ha bisogno di presentazioni, una figura che ha conquistato il cuore di intere generazioni e che, molto probabilmente, continuerà a farlo. Il ladro creato dalle autrici Angela e Luciana Giussani negli anni Sessanta è stato il precursore di un filone che fino a quel momento praticamente non esisteva all’interno dell’industria del fumetto nostrano. In un periodo in cui la società italiana rimaneva incatenata a concetti ultraconservatori che presto sarebbero stati spazzati via dai tumulti a cui la collettività andava incontro, queste due coraggiosissime fumettiste diedero vita a uno dei personaggi più iconici non solo del fumetto, ma della cultura italiana. 
Le critiche però non tardarono ad arrivare. Diabolik è un ladro, un assassino, di conseguenza un esempio negativo da dare ai giovani. Molti detrattori pensavano che il fumetto non sarebbe durato a lungo, invece quello che poteva sembrare solo un fenomeno passeggero si è rivelato in realtà un mito capace di far breccia nei cuori dei lettori di tutto il mondo a distanza di sessant’anni.

Il nostro cinema non ha mai saccheggiato il fumetto delle sorelle Giussani. Se escludiamo il documentario Diabolik sono io diretto da Giancarlo Soldi uscito nel 2019, si contano esattamente due adattamenti cinematografici: quello del grande Mario Bava del 1968, e il nuovo film dei fratelli Manetti, uscito da poco in sala.

Il film diretto da Bava è stato un successo all’estero, soprattutto in Francia. Il maestro italiano decide di discostarsi dal fumetto in modo radicale: crea ambientazioni surrealiste, inonda la retina dello spettatore con colori accesi, riprende con i grandangoli in modo da distorcere le immagini e veste i suoi personaggi con costumi futuristici.
All’epoca, fu Dino De Laurentiis a scegliere Bava. 
Pare che il produttore fosse molto spaventato dalla mole di effetti speciali e dalle scene d’azione previste in sceneggiatura, così decise di affidare al maestro dell’horror, che era anche uno straordinario creatore di effetti speciali e un abile direttore della fotografia, la direzione del film. Il risultato è un’opera particolare e godibile, ma che visto oggi sembra essere solo un esperimento, un prodotto perfettamente inserito nel contesto sociale e politico di quegli anni, che tuttavia rimane lontano dai capolavori del regista. 

Diabolik

Oggi i fratelli Manetti, cineasti vincitori del David di Donatello nel 2018 per Ammore e malavita consegnano al pubblico un nuovo film. Diabolik ha un cast ricchissimo: Luca Marinelli, Miriam Leone, Alessandro Roja e Valerio Mastandrea sono i personaggi principali, ma ci sono tante altre piccole partecipazioni di attori importanti come Roberto Citran e Claudia Gerini. 

Il film si inserisce in una lista di titoli che riescono a riportare in sala le persone dopo la chiusura causata dalla pandemia, ma nonostante ciò, la nuova fatica dei fratelli Manetti ha spaccato in due il pubblico e la critica
I due cineasti cercano di rimanere più fedeli possibile alle atmosfere originali del fumetto, approcciandosi al film in maniera nettamente diversa da Bava. 
La regia è per lo più statica, priva di fronzoli eccessivamente fumettistici, attenta a concentrarsi sul volto dei personaggi più che alla spettacolarizzazione delle scene d’azione. I fratelli Manetti sono ammiratori sfegatati del fumetto e si vede nella cura delle scenografie e nei perfetti tagli di luce, caratteristiche che virano a un look decisamente più scuro rispetto al film del 1968. Se la messinscena è precisa, purtroppo non lo è la sceneggiatura scritta dagli stessi Manetti con la collaborazione di Michelangelo La Neve

Lo script risente di eccessive lungaggini nella prima parte, a scapito del ritmo, lento e poco coinvolgente, che però nella parte finale, quella relativa al “colpo grosso”, subisce un’impennata tanto improvvisa da far storcere il naso e strabuzzare gli occhi a più di uno spettatore. 
Anche la scelta del cast ha fatto discutere. Sebbene sia composto per lo più da attori che hanno dato prova del loro straordinario talento in vari film, qualche stonatura nell’orchestra dei Manetti risulta esserci. Marinelli è un buon Diabolik, si muove bene all’interno della tuta nera e la maschera gli sta una bellezza, ma la sua indole di mattatore sembra essere soffocata dalla natura gelida del ladro che interpreta. Valerio Mastandrea nei panni di Ginko è sicuramente nella parte, tuttavia gli manca quel guizzo capace di conquistarsi la simpatia dello spettatore, difetto che nel film lo accomuna ad Alessandro Roja, il celebre Dandi di Romanzo criminale. Per quanto l’attore romano dimostri la sua bravura in ogni ruolo, i panni del viscido Giorgio Caron sembrano andargli un po’ scomodi. L’interprete più azzeccata è probabilmente Miriam Leone: l’attrice sembra nata per incarnare la bellissima e determinata complice del protagonista.

Uno degli aspetti più interessanti di Diabolik è la sua plasticità. Nonostante sia un fumetto uscito molti anni fa, riesce a inserirsi perfettamente nell’epoca in cui gli adattamenti cinematografici vengono fatti. 
Mario Bava dipingeva una coppia di ladri in cui a dominare era lo spirito ribelle, il desiderio dei protagonisti di andare contro un certo tipo di società, arricchendosi alle spalle degli uomini di potere. I Manetti Bros invece decidono, in maniera estremamente intelligente, di restituire a Kant quella centralità che nel film di Bava mancava completamente. Senza Eva, Diabolik non riuscirebbe a fare i suoi colpi e rischierebbe di finire in galera per il resto dei suoi giorni.

Se Bava però ha spinto sull’acceleratore prendendosi molti rischi (soprattutto nei confronti dei fan più severi) i due fratelli sembrano avere paura di andare fino in fondo. Eseguono un compito riuscito, ma si concentrano più sulla forma rispetto alla sostanza, consegnando al pubblico un film che a tratti può risultare insipido. Manca quella spericolatezza che forse molti aspettavano, ma il loro Diabolik non è un pessimo film. Certo, non è nemmeno un capolavoro, però rimane una coraggiosa operazione cinematografica che trasuda rispetto e amore nei confronti del fumetto delle sorelle Giussani. 
I Manetti possono ritenersi dunque soddisfatti, anche se con qualche riserva, di avere girato un film che, nel bene o nel male, rimane un’opera da vedere, un titolo che si conquista una posizione all’interno di una stagione cinematografica italiana assolutamente memorabile.

 


(c) l’immagine di copertina è tratta dal poster di Diabolik (2021)
immagine in corpo testo, Diabolik (1968), da IMDb