Alfred Jarry è il poeta, scrittore e drammaturgo francese, nato l’8 settembre 1873 a Laval, che ha portato alla luce la ’Patafisica e ha anticipato tutte le avanguardie del Novecento. Si è fatto notare nella Parigi letteraria dell’epoca per i suoi atteggiamenti eccentrici e la sua singolare personalità. Incarnando nella vita il personaggio di Ubu e rendendo la sua stessa esistenza il palcoscenico di un continuo teatro, è stato in qualche modo il primo performer della storia.
A partire dal 1885 (aveva solo 13 anni) compone le sue prime commedie in versi e in prosa, ma è nel 1888, quando con la madre e la sorella Charlotte si trasferisce a Rennes, che inizia una storia presto divenuta mito. Il disastroso finimondo che impera da decenni nella classe del liceo di Rennes, durante le lezioni di fisica di Félix Hébert, ha ispirato la scrittura di farse che il giovane Jarry e i suoi compagni rappresentano nei solai di casa, dando libero sfogo alla caricatura del ridicolo professore: padre Heb, Ebon, Ebance, sono gli antenati e precursori di Padre Ubu.
Anni dopo, giunto a Parigi, Alfred Jarry presenta il suo personaggio al mondo letterario e un po’ ovunque si mormora che un tizio assai grottesco e notevolmente panciuto stia avanzando con la giduglia (il ventre nel linguaggio jarryano) protesa in avanti verso la gloria. Infatti, Ubu re non tarda ad essere pubblicato e portato sul palco del Théâtre de l’Œuvre. Alla prima parola dell’atto primo: «Merda», è già scandalo, vola di tutto: critiche positive e negative assieme a grida di protesta e l’idea che si aveva fino ad allora del teatro è completamente stravolta.
Tuttavia, Jarry non si limita a dare solamente un padre alla ’Patafisica. In Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico si trova anche un dottissimo maestro che esplicita i dettagli di questa scienza omnicomprensiva: «La scienza delle soluzioni immaginarie», che si sovrappone alla metafisica, come la metafisica si sovrappone alla fisica. Jarry ha allora 25 anni e si barcamena in una vita di eccessi: muore solo otto anni dopo, a 34 anni, nel 1907 a Parigi, in solitudine, povero e malato.
Alfred Jarry è anche l’autore di un’opera grafica e pittorica della quale sono noti un centinaio di pezzi. Passa dal disegno a penna e a matita alla xilografia, alla litografia, alla pittura e ciò testimonia il suo interesse per tutte le forme di espressione artistica. Alcune delle sue produzioni hanno un carattere finito ma altre sono disegni frettolosi su manoscritti, in fondo a una lettera o a una bozza; questi sono realizzati liberamente e sembrano avere una funzione ricreativa. Ha anche firmato alcune opere grafiche con lo pseudonimo di Alain Jans e alcuni dipinti a olio con il nome di Ubu.
Il suo interesse per l’opera pitturale di diversi artisti emerge in articoli di critica che scrive per numerose riviste ed è sempre la sua curiosità per le arti grafiche che lo porta nel 1894 a creare con Remy de Gourmont, “L’Ymagier”, una rivista che, come suggerisce il titolo, dà grande importanza all’immagine. Vi pubblicherà molte stampe (una di Gauguin), immagini di Épinal, litografie tra cui La Guerra di Henri Rousseau. Collabora anche come illustratore e per i due anni di vita della rivista si avvale della tecnica della xilografia. È in quel periodo che adotta lo pseudonimo di Alain Jans.
I due dipinti, piccoli paesaggi a olio eseguiti su tavole di legno e firmati Ubu, rappresentano le rive della Senna e sono trattati con grande sicurezza tecnica. Sono entrambi senza data ma riconducibili al periodo nel quale il direttore del Mercure de France Alfred Vallette con la moglie Rachilde affittavano a Corbeil una casa battezzata “Phalanstère”. Ma è proprio nel cuore stesso della sua opera letteraria che regolarmente fa emergere la pittura. In alcune poesie ispirate a opere di Gerhard Munthe e di Paul Gauguin e in Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico dove tre delle tredici isole visitate dai tre protagonisti s’ispirano a delle opere pitturali: quelle di Aubrey Beardsley, di Émile Bernard e di Gauguin. Quando nel capitolo XXXII (Come ci vi procurò della tela) critica “l’art pompier” (accademica dell’epoca) per mettere in primo piano i dipinti di Manet, Puvis de Chavanne o Vincent Van Gogh, non ne sbaglia una: sono tutte opere che la storia ha poi ritenuto come maggiori. Senza parlare del fatto che alla fine del capitolo inventa una “macchina per dipingere” che fa guidare dal Doganiere Rousseau.
Singolare invece l’operazione che svolge al capitolo XXXIV (Clinamen) che in una precedente pubblicazione aveva intitolato Tredici immagini dove il lettore si trova nel cuore di un sistema che adotta l’anti-linguaggio. Lì la scrittura non conduce più all’anti-linguaggio letterario ma a quello pittorico. Infatti, la descrizione delle Tredici immagini, da considerare come una forma particolare di ekphrasis, dona al lettore soltanto dei suggerimenti e non la raffigurazione chiara di un’opera compiuta. L’ecfrasi non è neanche correlata alla delineazione di quadri astratti ma è quella che collima con un’idea, in sé astratta. In linea con i principi della ’Patafisica, Jarry porta l’immaginario a viaggiare nella sostanza propria dell’immagine increata. Le molteplici piccole figure poetiche che costituiscono “l’immagine” del quadro, apparentemente senza collegamento tra di loro, cozzando una contro l’altra, non permettono di generare un continuum poetico ma piuttosto un “collage” caotico in movenza. Come si può capire, la connessione tra l’opera letteraria e quella grafica in Jarry si stabilisce in più punti e a molti livelli.
Dal 1897 in poi, Jarry crea numerose variazioni sul personaggio di Ubu, in quanto è uno dei temi più ricorrenti della sua opera grafica. Torna quindi a disegnare a penna anche se realizza i manifesti per l’Ubu Re rappresentato al Théâtre de l’Œuvre con la tecnica della litografia. Collocabile invece probabilmente alla fine dell’adolescenza, poco dopo il liceo di Rennes, il piccolo ritratto a olio (non datato) del Père Ubu; si può riconoscere il “grosso personaggio” in uno stile abbastanza “realista” ma naif nella posa che è già quella del Véritable portrait. Tutti gli Ubu di Jarry sono elencati da Michel Arrivé nel libro che egli introduce e commenta: Peintures gravures & dessins d’Alfred Jarry, pubblicato dal Collegio di ’Patafisica. Le raffigurazioni si possono dividere in due categorie principali. La prima vede Ubu in piedi, con tutte le caratteristiche ubuesche: il canonico aspetto a pera, l’enorme giduglia e le gambe corte, che tiene sottobraccio il “bastone da phynanza”. Lo si può vedere sia di profilo sia da tre quarti. La seconda categoria rappresenta invece la sola testa di Ubu, di profilo, che non somiglia per niente alla prima. In una sola occasione questo Autre portrait de Monsieur Ubu non indossa il cappello di Kronstadt.
Il piccolo ritratto di Ubu che ho portato alla luce è un disegno a penna che Jarry ha realizzato sotto una lunga dedica dell’Ubu re stampato in facsimile autografico, con la musica di Claude Terrasse, uscito nel 1897 per le edizioni Mercure de France. Purtroppo, anche se il libro è datato, il disegno e la dedica non lo sono. È un Ubu di profilo, somigliante all’Autre portrait, ma essendo a pie’ di dedica è disegnato con un tratto spontaneo, veloce e sicuro. Ha il naso prominente e l’occhio investigatore; porta i baffi ed è coronato dal cappello Kronstadt. È firmato A. J. e C. T. che sta per Claude Terrasse.
Come mai è stato trovato solo ora? Perché il dedicatario è un illustre sconosciuto e quindi non ha mai attirato l’attenzione di nessuno fino a quando la vendita del volume ha attirato la mia. Infatti, tengo sempre d’occhio le pubblicazioni che le case d’aste creano per le loro vendite. Non è raro trovavi veri tesori. Certo, nessuno si aspettava più di potere trovare opere di mano jarryana ancora sconosciute. Eppure, chi cerca trova!
È merito delle Edizioni Lettere S. Com. poste, di Duccio Scheggi e Michela Mascarucci che ne sono i direttori, se questo piccolo ritrovamento è stato stampato e quindi reso pubblico. La casa editrice stampa libri di micro-micro editoria aforistica, ludolinguistica per bibliofili e PataEdizioni indipendenti presso la Tipografia della Fondazione il Bisonte di Firenze. Il titolo del libro è UBU, e contiene oltre al ritratto di Ubu dalla mano di Jarry il mio Hahaforisma: «Non invidio nessuno all’infuori di me». A parte l’evidente ubuismo della massima, bisogna ammettere che in questo contesto il motto rasenta un realismo spietato perché non saprei proprio chi invidiare dopo una tale scoperta… a parte la casa editrice che ha avuto forza e coraggio di pubblicare (in 28 esemplari – tutti quanti firmati) questo micro-libro già prezioso per il suo contenuto e reso ancor più raffinato e squisito dalle carte pregiate e dalla stampa a caratteri mobili (su una pressa tipografica che tra l’altro è della stessa epoca di Jarry – 1873).