Search
Close this search box.

Due film a Cannes. Attori egocentrici e giornaliste ostinate



Il critico cinematografico del Guardian, Peter Bradshaw, è impietoso. Due stelline su cinque per Les Amandiers, di Valeria Bruni Tedeschi, in concorso a Cannes per la Palma d’Oro. Lo descrive come «storia noiosa e senza fine su un gruppo di egocentrici studenti di recitazione». Leggiamo la recensione in platea, in attesa che inizi la proiezione pomeridiana al Lumiére. Partiamo prevenuti ma usciamo sollevati. Non siamo d’accordo. Les Amandiers, dal nome della scuola drammaturgica parigina di Patrice Chéreau, è un bel film

Un appunto: gli attori sono egocentrici. Si sa. Altrimenti non sarebbero attori. Trovateci un attore non egocentrico. La critica di Bradshaw vacilla. Semmai è prova di una certa autenticità. Vittorio Gassman non smetteva di parlare dell’egocentricità degli attori e di se stesso: «Dentro a ogni vero attore, c’è il bisogno di sentirsi per qualche ora al centro del mondo». Ma anche: «un attore perfettamente sano è un paradosso». Quindi, non ci stupiamo delle giravolte emotive e dei trambusti tardo adolescenziali di questo gruppo di aspiranti attori nella Parigi degli anni Ottanta. Sono stati selezionati dal regista, icona di Francia, Patrice Chéreau, interpretato da Louis Garrel, per portare in scena Platonov, opera teatrale scritta da Čechov a soli diciassette anni. 

Cannes 75: Les Amandiers, Valeria Bruni Tedeschi
Les Amandiers
© 2022 – Ad Vitam Production – Agat Films et Cie

– Bibi Film TV – Arte France Cinéma

La protagonista Stella (Nadia Tereszkiewicz), alter ego della regista che frequentò la scuola, inizia una relazione con il talentuoso ma tormentato Etienne. Al suo gridare «Stella», un altro della compagnia lo irride. Si è fin troppo immedesimato nella parte. Pensa di essere Marlon Brando. Les Amandiers non è tanto discorso sul teatro, quanto ritratto di una generazione e di un’epoca. Sono gli anni Ottanta, non ci sono ancora i social e MeToo, eroina e AIDS stanno rovinando la festa iniziata nel Sessantotto. Peace & love, ma non troppo, altrimenti si muore. 
Patrice Chéreau ci prova con uno studente, ma lui rifiuta con leggerezza, dato che la fidanzata è fuori che lo aspetta; una studentessa approfitta sessualmente di un insegnante strafatto di eroina, di cui è infatuata. La platea in tutti e due i casi si diverte. 

Certo, guardando il film non possiamo non pensare al cult Fame di Alan Parker, ma va bene così. Les Amandiers non ha molte possibilità di vincere la Palma d’Oro. La Palma della 74esima edizione è stata vinta da una francese. Come doppio, sarebbe troppo.

***

Il regista iraniano, emigrato in Nord Europa, Ali Abbasi porta il thriller Holy SpiderLa storia è vera. In Iran, agli inizi del Duemila, un serial killer di prostitute si aggirava per la città santa, Mashhad. Diciassette vittime, tutte strangolate con il velo. Alcune scene sono violente, dure. «Questo film non è un mazzo di fiori, è uno schiaffo in faccia» afferma lo stesso Abbasi in un’intervista.

Cannes 75: Holy Spider, Ali Abbasi
Holy Spider

Appena entra in scena il personaggio, fittizio, della giovane giornalista ribelle, che, chiusa nella camera di albergo, mette lo smalto e fuma una Marlboro dopo l’altra, pensiamo all’attivista iraniana Masih Alijenad e al suo memoir The Wind in My Hair, in cui raccontava della sua vita da giornalista a Teheran. Irrisa, ostacolata, ricattata, tutto perché donna che non sapeva stare al suo posto. E così fa la giornalista di Holy Spider, interpretata dalla magnifica franco-iraniana Zahra Amir Ebrahimi. Tanto che inizia un’indagine da sé, cercando di farsi valere, come può. Anche perché le autorità locali non sembrano avere troppa fretta di prendere l’assassino seriale che afferma di agire in nome di Dio e di ripulire le strade dalle “donne corrotte”, con benestare di buona parte della popolazione. La costruzione è classica, da thriller americano. L’atipicità è legata al luogo e al contesto. «Per me, nel mio lavoro, è importante dire la verità. Ma non sono un attivista» afferma di nuovo Abbasi. Tuttavia, non crediamo sarà film benvenuto nei cinema di Teheran.

Una nota: quindici anni fa Zar Amir Ebrahimi era una star in Iran. Poi uscì un sex tape, privato, su internet. Se per la statunitense Kim Kardashian fu l’inizio del successo, per lei fu la fine. Contratti annullati, film ritirati e divieto di apparire in cinema e tv. Nel 2008 emigrò come rifugiata in Francia. Da lì, piccoli ruoli. Nel 2019 ha creato la sua società di produzione di film e documentari, Alambic Production. Potrebbe vincere il Prix d’interprétation féminine. Forse. 

categorie
menu