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First Cow e la poetica naturalista di Kelly Reichardt



Un fiume e gli alberi sullo sfondo. La melodia di un banjo e il rumore delle onde si uniscono al frastuono di una nave da carico che taglia l’inquadratura da sinistra verso destra; tutto si muove, vive, ma l’inquadratura rimane ferma, immobile: scruta la natura e ciò che la circonda. È questo l’inizio di First Cow (2019) di Kelly Reichardt, una profonda e sensibile pellicola sull’amicizia e la natura disponibile sulla piattaforma MUBI
Territorio dell’Oregon, intorno al 1820. Otis “Cookie” Figowitz (John Magaro) è un cuoco introverso e taciturno in viaggio verso terre fertili con una banda di cercatori d’oro e pellicce. Durante una delle tante camminate nella foresta in cerca di cibo – principalmente funghi e bacche – incontra un immigrato cinese, King-Lu (Orion Lee), con cui stringe da subito una sincera amicizia. Entrambi gli uomini, poveri e in cerca di fortuna, si imbatteranno in una mucca fatta arrivare appositamente in quel territorio, per la prima volta, da un ricco proprietario terriero. I sogni e le ambizioni dei due protagonisti dovranno scontrarsi con la dura realtà. 

First Cow, Kelly Reichardt
John Magaro e Eve

Come nelle precedenti opere cinematografiche Old Joy (2006) e Wendy e Lucy (Wendy and Lucy, 2008) la regista Kelly Reichardt, emblema del cinema indipendente statunitense, riflette sulla complessa e ampia tematica dell’amicizia. Se per Wendy e Lucy – dove la protagonista è interpretata da Michelle Williams – tale rapporto si focalizza sull’essere umano e l’animale, e per Old Joy su due uomini, in First Cow ha deciso di unire questi due macrocosmi e dare respiro alla tematica prendendo spunto dal romanzo The Half-Life (2004) di Jon Raymond. 
Otis e King-Lu provengono da culture e da mondi completamente diversi ma sono accomunati da diversi aspetti: la solitudine, l’ambizione e la situazione economica che sono costretti ad affrontare. La convivenza e le difficoltà infatti portano i due protagonisti a trovare un terreno fertile dove instaurare un’amicizia profonda e confidenziale. 
Costruendo un ponte tra le opere della regista, il film Old Joy narra principalmente di due vecchi amici che decidono di prendersi un fine settimana lontano dalla caotica città per andare, con sacco a pelo e birre, nella foresta. In questo modo affiorano i ricordi e le persone del passato, e i due protagonisti attraversano un lungo viaggio nella memoria tra malinconia e rimorsi. In First Cow invece viene messa in luce la costruzione di questa amicizia dal primo incontro, in una sorta di percorso emotivo che si fa strada tra le foreste dell’Oregon e trova il suo punto di arrivo nell’ambizione: il celebre sogno americano.
L’incarnazione simbolica della speranza è rappresentata da una mucca, un animale atipico per quel territorio e soprattutto per quel determinato periodo storico. L’arrivo di qualcosa di nuovo è ciò che fa scaturire in Otis e King-Lu il desiderio di cambiare e trasformare così una necessità in materia concreta che va oltre le umili aspettative. Il desiderio è il chiodo che tiene il quadro sulla parete della vita, il problema è la forza con cui lo si fissa. 

La regista con le sue inquadrature restituisce una narrazione visiva armoniosa e riflessiva. La macchina da presa è spesso ferma, per svariati secondi, su di un oggetto, uno sguardo o una semplice azione come la preparazione di un dolce oppure l’accensione di un fuoco per il camino. Un modo per trasformare il tempo della narrazione filmica in quello reale dello spettatore e dare peso alla quotidianità dei gesti
A questo proposito, Reichardt opta anche per alcune cornici nell’inquadratura e per molte scene una finestra, la fessura di una porta o lo spazio tra le assi di legno di uno steccato diventano le soggettive dei personaggi: allontana la visione generale e porta lo spettatore in una totale immedesimazione con i personaggi. Uno sguardo visivo distante e racchiuso in una ristretta cornice che si trasforma in un punto dove focalizzare l’attenzione. 
Nella complessa e sfaccettata poetica della regista i rimandi a Henry David Thoreau – in particolare, Disobbedienza civile(1849) e Walden ovvero Vita nei boschi (1854) – sembrano arrivare forti e chiari, con un approccio teorico nei riguardi della natura e della politica statunitense ben delineato anche nelle sue opere precedenti. Se in First Cow e Old Joy la situazione economica e sociale viene messa sullo stesso piano del rapporto tra l’essere umano e la natura – la foresta – in Wendy e Lucy è il peso sociale a prendere il sopravvento: l’emarginazione diventa essa stessa la protagonista, insieme all’indifferenza verso “gli ultimi”. Wendy, a causa di un guasto alla sua auto, si ritrova costretta a dormire in un bosco ed è proprio in quel momento che avviene una presa di coscienza da parte della protagonista, un’ulteriore suggestione di quanto lo spazio naturale influisca nella rappresentazione filmica della regista statunitense. 

First Cow, Kelly Reichardt
John Magaro

First Cow potrebbe essere catalogato come una sorta di western inconsueto che strizza l’occhio alla visione simbolica dei fratelli Coen e nello specifico alla pellicola La ballata di Buster Scruggs (The Ballad of Buster Scruggs, 2018). Un film diviso in episodi, dove il destino, crudele e inaspettato, gioca sempre a carte scoperte e non ha bisogno di particolari strategie.
Kelly Reichardt con il suo linguaggio cinematografico mette a fuoco la durezza della realtà attraverso una storia sull’amicizia fatta di compassione e sacrifici. La povertà e la ricchezza, la realtà e l’ambizione, l’attesa e il fato, sono gli elementi che si inseguono e tirano le fila della narrazione. 
Le immagini sgranate e spesso buie che compongono le inquadrature restituiscono una dimensione tremendamente reale, fisica e tangibile; mettono la natura incontaminata e il rapporto umano sulle stesse coordinate e danno vita a un racconto che passa dalla contemporaneità della prima sequenza all’antichità del passato, fatta di contrasti ma anche di unioni culturali, sociali e geografiche. La ricerca di cibo nella foresta da parte di Otis diventa un momento in cui toccare con mano l’armonia tra uomo e natura, un ritorno alle origini che trasforma ogni scena in un momento meditativo. 

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