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1917, il piano sequenza della Storia

I film di guerra esercitano da sempre un grande fascino, forse perché richiamano, o ci si aspetta da loro, grande intrattenimento e allo stesso tempo perizia tecnica. Nessun altro frangente storico quanto le due guerre ha avuto così tanti film dedicati, da All’ovest niente di nuovo (1930) a Salvate il Soldato Ryan (1998), fino ai giorni nostri con gli ultimi due grandi successi, Dunkirk (2017) e il film del momento, 1917 (2019).
Approdato sugli schermi italiani da pochi giorni, 1917 racconta, al culmine della Prima Guerra Mondiale, di due giovani soldati britannici, Schofield (George MacKay) e Blake (Dean-Charles Chapman) che ricevono una missione apparentemente impossibile dal loro generale (Colin Firth). In una corsa contro il tempo, devono attraversare il territorio nemico e consegnare un messaggio che arresterà un attacco mortale contro centinaia di soldati, tra cui il fratello di Blake (Richard Madden). Un’escursione dentro alla terra di nessuno, tra cadaveri di uomini e bestie e ruderi lasciati dalla terra bruciata dai tedeschi.
Sam Mendes (American Beauty, Era mio padre, Skyfall), regista inglese con un curriculum di tutto rispetto, scrive la sceneggiatura di 1917 assieme alla giovane Krysty Wilson-Cairns, ispirandosi ai racconti del nonno Alfred Mendes, caporale durante la Grande Guerra, e al quale il film è dedicato. Per Mendes questo è un ritorno al genere bellico, dopo Jarhead (2005), ambientato durante la Guerra del Golfo.

1917

Vincitore ai Golden Globe 2020 come Miglior film drammatico, 1917 dimostra sin dai primi minuti che la lunga lavorazione ha portato i suoi frutti: la telecamera di Mendes segue ossessivamente da ogni posizione i personaggi senza mai perderli di vista, in una narrazione fluida ed elegante. La fotografia di Deakins usa colori freddi per sottolineare il paesaggio desolato della terra di nessuno e della terra bruciata. Il senso della prospettiva e il respiro che Deakins riesce a dare al film sono nulla meno che impressionanti. Anche la colonna sonora fa il suo, dosando bene i suoni orchestrali che si accordano alle scene, accompagnandole e senza mai sovraccaricare.
A voler trovare un neo al film è la mancanza di una scena madre, di un momento che sovrasti gli altri e che funga in qualche modo da climax. Le disavventure dei nostri eroi sono avvincenti ma a lungo andare possono mancare di cattiveria e mordente: il film rischia di apparire come un centinaio di minuti posti a introduzione di qualcosa che non arriva mai, e sembra il preludio a un combattimento da antologia, mentre tutto finisce con un rientro in trincea. Ciò nonostante ci sono due-tre scene da ricordare. Anzitutto l’inizio del film, con i due soldati che vengono chiamati al loro incarico: il loro spostamento dalla trincea agli alloggi del generale è fatto in un evidente piano sequenza unico con la telecamera sempre attaccata su di loro e che gli anticipa retrocedendo sul percorso. Anche il primo impatto visivo sulla terra di nessuno è notevole, con la telecamera che segue i due soldati tra cadaveri di cavalli e uomini marcescenti sul terreno o infilzati nel filo spinato. Infine, nella scena notturna in cui Schofield è solo nella chiesa abbandonata, illuminata dai fuochi dei cannoni lontani, si disvela un contrasto altissimo tra buio e luce, grazie l’apporto di un genio della fotografia come Roger Deakins, in tutto rassomigliante all’illuminazione del suo precedente Blade Runner 2049.

Nonostante protagonista sia la guerra, le scene precipuamente belliche saranno poche, non più due o tre peraltro brevi e con pochi effetti. Il film non è particolarmente violento, manca di morti e sangue. Mendes punta piuttosto a dare l’idea della guerra, a restituirne l’atmosfera mostrando soldati perennemente spaventati quasi in attesa della morte.
Le caratterizzazioni e i dialoghi non sono particolarmente originali, anzi piuttosto schematici. Ma questo è probabilmente dovuto anche al contesto che vieta certe libertà. Mendes, ispiratosi ai racconti di suo nonno, non ha probabilmente voluto idealizzare gli animi semplici dei tanti giovani al fronte, e ha preferito restituirne un ritratto il più possibile fedele. La recitazione degli attori va in questo senso, limitandosi a poche espressioni di ordinanza.
1917 si avvale della presenza di ottimi attori, su tutti Firth e Cumberbatch eppure relegati ad un paio di battute. È soprattutto il soldato, solitario da un certo momento in poi, di Charlie MacKay (Captain Fantastic) ad avere più spazio e che ci regala un’ottima solida performance.
Parte del cast tecnico è Thomas Newman, responsabile della colonna sonora e che continua la sua collaborazione col regista da American Beauty. Torna il montatore Lee Smith dopo Spectre. Alla fotografia il già citato Roger Deakins, già visto con Mendes nei due Bond, Skyfall, Spectre e in Revolutionary Road. È stato proprio grazie alla collaborazione tra Mendes e Deakins che 1917 è balzato alle cronache ancor prima di essere distribuito: il film è stato girato in diversi piani sequenza e poi montato per nascondere gli opportuni tagli e presentarlo quindi quasi come ininterrotto. Le peculiarità del film sono sostanzialmente due: il falso piano sequenza (e di quello unico in un senso più lato), e la narrazione in tempo reale (nonostante due o tre salti).

Di finto piano sequenza unico ci sono due precedenti importanti in tempi recenti: Birdman (2014) di Alejandro Gonzalez Iñárritu e Il Figlio di Saul (2015) di Lázsló Nemes. Per raggiungere lo scopo Mendes ha provato le riprese per sei mesi assieme al cast e alla troupe. Diversamente da Arca Russa (2002) di Aleksandr Sokurov oppure Victoria (2015) di Sebastian Schipper, girati in un solo scatto.
Di narrazione in tempo reale molti sono i precedenti, come Utøya 22. juli (2018) di Erik Poppe, esclusiva Netflix, che segue con la telecamera ciascuno dei suoi protagonisti per i 93 minuti complessivi di film. Impossibile battere per perizia e follia tecnica Timecode (2000) di Mike Figgis: grazie al digitale è riuscito a girare 97 minuti senza tagli, ma non una, bensì quattro volte, dividendo quindi lo schermo in quattro diversi quadranti tutti attivi allo stesso tempo. Infine, Lost in London (2017) debutto di Woody Harrelson come regista, è girato in un piano sequenza vero e in tempo reale, mostrato al cinema proprio mentre veniva girato! Sono peraltro 100 minuti di film, per cui Harrelson ha fatto mettere dei trasmettitori radio per due chilometri quadrati di Londra e, non contento, è riuscito a inserire nel film anche due inseguimenti in macchina.

1917

Antecedente di 1917, sia per riconoscimenti sia per la voce grossa al botteghino e tra la critica, è il film Dunkirk (2017) di Christopher Nolan. Due film gemellati che a tratti si incontrano, a tratti divergono e si separano.
Una differenza importante sta nella scelta della tecnica registica. Se Mendes utilizza il finto piano sequenza unico, Nolan nel suo Dunkirk non opera una sperimentazione simile, girando e quindi montando in maniera de facto classica. Mendes è quindi costretto a girare in digitale altrimenti il trucco non riuscirebbe, mentre Nolan ha optato per una scelta controcorrente oggigiorno, la pellicola a 70 mm, ottenendo anche lui dei risultati visivi notevoli. Ciò nonostante entrambi i film rimangono allo stesso modo molto fluidi ed eleganti nei movimenti di macchina.

La narrazione di 1917 è un blocco temporale unico e quasi completamente in tempo reale. Nolan invece sviluppa il suo Dunkirk secondo tre linee temporali diverse ma intersecate tra di loro, per uno sviluppo cronologicamente non lineare del film. La prima, Il Molo, ha luogo sulla terraferma e dura una settimana; la seconda, Il Mare, nel Canale della Manica e dura un giorno; e la terza, Il Cielo, concerne i combattimenti aerei e dura un’ora. La storia di Dunkirk è più estesa nel tempo e quindi più pregnante. Rispetto ad altri film bellici anche recenti come Salvate il Soldato Ryan o Fury, gli eventi rimarranno pochi così come la violenza e il sangue spanto, ma in numero maggiore di 1917. Nemmeno Dunkirk pecca di eccessiva violenza, concentrato com’è nella descrizione di quello stallo storico (l’esercito inglese bloccato sulla spiaggia con il nemico a pochi chilometri) e della relativa paura di essere massacrati, o per terra o dall’aria.
Dunkirk ha inoltre un respiro storico più ampio di 1917: se l’ultimo adotta uno spunto più alla hic et nunc, con l’azione che è solo dove vanno i nostri soldati e ogni altra cosa è cancellata come se non esistesse, Dunkirk parla invece delle conseguenze che una disfatta in Francia potrebbero avere sul Regno Unito e sul mondo. Anche i suoi personaggi, specie il generale e il colonnello di Kenneth Branagh e James D’Arcy sembrano avere un’idea più chiara del loro posto nella Storia. Ma a parte questo non molto altro, senza tante altre parole dedicate al contesto storico.

1917

Un’altra differenza è la gestione del nemico, cioè dei tedeschi. Dunkirk li toglie dallo schermo, mentre 1917 sceglie un approccio più ambiguo. Da una parte infatti i tedeschi rimangono il nemico per eccellenza, ma dall’altra, ne è esempio la sequenza magnifica che mostra cadaveri di diversa divisa ammassati nel letto del fiume, il film insegna anche che i morti non hanno bandiera.
I due film sono anche due metafore, metafore di tempi che consideriamo o consideravamo passati. L’ambivalenza della vita e di questi tempi confusi si rispecchiano bene nei finali dei due film: 1917 con il soldato Schofield che ha finalmente compiuto il suo (triste) dovere, e Dunkirk, con l’orgoglioso pilota Farrier di Tom Hardy che inquadrato di spalle guarda il suo aereo Spitfire in fiamme mentre i soldati tedeschi vengono a catturarlo, imbracciando le armi.

Come si può intuire dall’incasso globale dall’oltre mezzo miliardo di dollari, Dunkirk ha avuto un grandissimo successo, considerato da molti un capolavoro sin dai primi giorni. A conferma di ciò, il film di Nolan ha vinto tre Premi Oscar nel 2018: Miglior montaggio; Miglior sonoro; Miglior montaggio sonoro. Al netto di un paio di recensioni negative italiane, 1917 di Sam Mendes è andato bene sia tra la critica sia tra il pubblico, e i due Golden Globes vinti seppure a sorpresa come Miglior Film Drammatico e Miglior regista di un film lo testimoniano, tant’è che ora è candidato a 11 statuette agli Oscar e pare aver rovesciato i pronostici. Ultimo aspetto di confronto è proprio questo: riuscirà 1917 a vincere ancor più premi di Dunkirk, tra cui magari Miglior Film? Ai posteri l’ardua sentenza.

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