«Tanto lavoro e pochi soldi, non c’era tempo per disfare nessuna tela: in questa storia non ci sono Ulissi. né Penelopi»
Non ci sono Ulissi e Penolopi in Sulle strade di mio padre, romanzo d’esordio di José Henrique Bortoluci pubblicato in Italia da Iperborea nel 2024. Tuttavia c’è tanta strada da percorrere, a bordo di un camion per portare a casa qualche soldo in più a fine mese, fare la spesa e assicurare un futuro migliore ai propri figli.
Bortoluci racconta la storia della sua famiglia ripercorrendo le vicissitudini del padre, settantenne in pensione che ha dedicato tutta la vita al suo lavoro, cercando ogni giorno di portare il pane alla sua famiglia.
Una narrazione biografica che diventa testimonianza sia di un amore filiale, sia della storia sociale e politica del Brasile, a partire dagli anni Settanta fino alla contemporaneità, giungendo al periodo della pandemia da Covid, vista sia con gli occhi di un giovane sociologo sia dalla prospettiva di chi quella storia l’ha vissuta in prima persona.
Al centro della narrazione ci sono le vicende di questa famiglia brasiliana, da cui emergono tutti i problemi di una classe operaia sopraffatta dal potere politico e soprattutto da un capitalismo predatorio che ferisce tanto i cittadini, quanto il Paese stesso. A fare da sfondo, una foresta che sempre più viene spogliata e ferita, con ripercussioni così gravi da dover affrontarne ancora oggi le conseguenze.
Didi, il papà di José, accetta di raccontare la sua storia al figlio: così attraverso la memoria sale di nuovo sul camion, compagno di una vita, e percorre nuovamente le strade, i luoghi, i bar, gli alloggi. Ritrova gli amici con cui ha condiviso la sua esperienza lavorativa.
Ciò che emerge dal suo racconto è la fatica, che accompagna incessantemente questa vita. Per portare il cibo ai propri figli, bisogna portare il carico a destinazione il prima possibile, affrontando intemperie e mettendo a rischio la propria vita, talvolta, affrontando innumerevoli pericoli. La strada non è sempre sicura: ci sono le notti, la paura di ladri e banditi. Le festività si trascorrono a bordo del camion, cercando di arrivare in tempo, con l’obiettivo di rendere felice la propria famiglia.
Mentre il disagio economico e sociale attraversano il Paese, sono il sogno e la speranza i punti fermi del percorso di Didi. Così Bortoluci dà voce a una categoria poco raccontata nella letteratura: i camionisti. L’importanza di questi protagonisti della vita economica, le loro aspirazioni e frustrazioni, hanno avuto scarsa rappresentazione nelle arti e nell’industria culturale brasiliana. L’autore delinea così gli aspetti pratici di questo mestiere, partendo dallo scarso guadagno, fino al sogno di ciascuno di farsi imprenditore. Didi consegna al figlio e al lettore racconti, aneddoti e personaggi incontrati lungo la strada.
Padre e figlio danno voce alla problematiche di questa classe sociale, ancora oggi le stesse: raccontano, infatti, lo storico sciopero dei camionisti del maggio 2018, come quello del 2013. Tra le varie difficoltà narrate nel romanzo ci sono la stagnazione economica, la crescita del prezzo del combustibile, il peggioramento delle infrastrutture, i furti delle merci e la precarizzazione del lavoro, infine lo smantellamento della previdenza sociale.
Insieme, padre e figlio, danno una lettura del periodo della dittatura, dell’assassinio di migliaia di indigeni, della deforestazione, innumerevoli omicidi di attivisti e conflitti rurali e forestali.
Il racconto del loro rapporto si fa più profondo con l’emergere della malattia di Didi. Al dolore si unisce la tenerezza di un figlio che si prende cura del proprio genitore, sia fisicamente, sia permettendogli di mettere per iscritto la sua storia.
Con le sue traversate, la fatica, il sudore, le notti su strada, Didi in fondo lo realizza il sogno di una vita migliore. Ha permesso ai suoi figli di emergere rispetto alla condizione di povertà in cui erano nati. Ha garantito a José un dottorato. È però importante non dimenticare le proprie origini, nonostante la differenza sociale ed economica che si afferma tra padre e figlio.
Didi guadagna la libertà di raccontare, di guardare in faccia la propria storia, rimarcando l’autonomia che ha contraddistinto il suo passato e il suo presente, come camionista e come narratore.